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Italia e Europa: quanto è lontana la ripresa? Sullo scacchiere europeo si gioca ancora una volta per l’Unione


Decreti e ordinanze. Regioni e Stato Centrale. La sfida per la ripartenza italiana è segnata ancora una volta dalle difficoltà amministrative. Si riparte, ognuno con le proprie prese di posizione e con poche certezze. Sullo sfondo la maxi manovra da 55 miliardi. Il Decreto Rilancio, ex Aprile, risultato di un lungo e travagliato accordo, è stato finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Tenendo conto delle nuove politiche attuate, il Def, documento di economia e finanza, prospetta un innalzamento del debito pubblico al 155,7% del Pil che cade di 8 punti percentuali.
Previsioni più negative arrivano dall’European Economic Forecast, documento di analisi economica elaborato dalla Commissione Europea. L’Italia vede involarsi il suo debito, che supera il 158% del prodotto interno lordo, a sua volta crollato al 9,5%.
Il post Covid non si prospetta di certo come una nuova età dell’oro. Si intravede tuttavia qualche nota positiva, nonostante la fragilità politica ed economica del nostro Paese. Dopo la terza giornata sul mercato, si conferma il successo del Btp Italia. Il titolo di stato con interesse garantito ha raccolto 14 miliardi di euro. Non solo. Le respinte mozioni di sfiducia nei confronti del ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, decretano la sopravvivenza dell’esecutivo.
Neppure l’Eurozona può dormire sonni tranquilli: la contrazione del Pil raggiunge il -7,7%.
La cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron, forse spinti da questi dati poco incoraggianti, fanno a sorpresa la prima mossa sullo scacchiere europeo proponendo un Recovery Fund da 500 miliardi. Si tratterebbe di trasferimenti, finanziamenti a fondo perduto da destinare ai paesi più colpiti dalla pandemia.
Dagli 80 ai 100 miliardi potrebbero essere indirizzati al nostro paese.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si ritiene parzialmente soddisfatto: «Apprezziamo lo sforzo fatto dalla Germania, ma questo punto di partenza non deve essere rivisto al ribasso ma semmai ampliato». A rassicurare il premier, la dichiarazione del vicepresidente dell’esecutivo comunitario Valdis Dombrovskis: «L’obiettivo è quello di aumentare la capacità di finanziamento del bilancio europeo non in termini di miliardi di euro, ma per superare i mille miliardi di euro». Significativo anche il confronto di ieri pomeriggio tra Conte e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. Palazzo Chigi conferma: «uno scambio di vedute telefonico sulle prospettive di un Recovery Fund ambizioso e all’altezza della sfida del Covid-19». Nettamente contrari al progetto Merkel-Macron, Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia che preannunciano l’arrivo di una controproposta. «Vogliamo essere solidali con gli stati che sono stati colpiti duramente dalla crisi, ma riteniamo che la strada giusta siano mutui e non contributi» afferma il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.

Gli strumenti europei sono da sempre oggetto di discussione anche all’interno del panorama politico italiano. Ma, mentre il Mes, meccanismo europeo di stabilità, continua a non trovare il favore di maggioranza e opposizione, il “nuovo” Recovery Fund sembra attirare l’attenzione di M5S, Lega, Fratelli d’Italia e Pd. Forza Italia, invece, si dice delusa dal ruolo giocato dall’Italia, ancora una volta secondario.
Siamo entrati nella fase due o meglio uno e mezzo vista la difficoltà nel ripartire tra le aperture delle imprese e forse anche quelle mentali legate alla concezione che bisogna tornare a vivere ma con tutte le restrizioni o precauzioni che il Governo ha imposto. Eccoci qua dunque l’Italia va a tentoni tra consiglio europeo, finanziamenti o presunti tali che dovrebbero arrivare da mamma Europa tanto voluta nella sua gerarchia nella sua sovranità dal beneamato Romano Prodi, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder e l’ex presidente della B.C.E. Wim Duisenberg che fortemente in pompa magna annunciarono questa nuova creatura con una nuova moneta nuovi asset strategici per i Paesi membri e nuove dinamiche socio economiche. Non ancora ci eravamo addentrati del tutto nel nuovo millennio era la fine degli anni 90’ e sembrava che tante cose sarebbero cambiate visto che, era passato già un decennio dalla divisione del mondo a due blocchi, dell’abbattimento del muro di Berlino e della cortina di ferro il resto sappiamo come è andato a finire. Tuttavia la crisi di Lehman Brothers del 2007 la net economy qualche anno prima potevano essere solo un miraggio od una scena del film Wall Street l’odore dei soldi. E sì perché in questo momento e proprio di soldi che si sta parlando per uscire fuori dalla pandemia e cercare una quadra, che non sia solo un accordo politico tra Europa e Italia e cosa importa chi pagherà tra vent’anni o 30 e dir si voglia. Il regime di eccezionalità derivante dalla pandemia di Covid-19 ha di fatto spostato l’attenzione su altre questioni, dal momento che appare scontato che non si rientrerà in alcun modo nei parametri “standard”. La situazione attuale, invece determinerà un quadro completamente diverso, con un calo del PIL del 5,5% nel primo trimestre e fino al 10,5% nel secondo trimestre. Nel terzo trimestre, con la graduale ripresa delle attività, si prevede invece un rimbalzo positivo del 9,6%, per un trend che proseguirà a +3,8% nel quarto trimestre. Lo scostamento rispetto al NADEF dello scorso anno è di un -8% per il 2020 con un + 4,7% per il 2021. C’è però anche uno scenario completamente diverso, che rimanda a una recrudescenza dell’epidemia: in tal caso, si renderebbero necessarie “nuove chiusure delle attività produttive e restrizioni ai movimenti dei cittadini”, che porterebbero il PIL annuo a meno 10,6% e trascinerebbero in basso anche le stime di crescita per il 2021.


Ora la palla passerà a Ursula von der Leyen che il 27 maggio, con un ritardo per noi già conosciuto e forse consueto per le grandi manovre, presenterà la sua proposta. «Terrà conto anche delle opinioni di tutti gli Stati membri e del Parlamento europeo», ci tiene a specificare. Un ulteriore passo in avanti prima dell’incontro europeo lo fa Cristine Lagarde, presidente della Bce: «Credo che i termini del Patto di stabilità e di crescita debbano essere rivisti e semplificati prima che si pensi a reintrodurlo, quando saremo usciti da questa crisi». Un’affermazione forte che potrebbe cambiare il futuro dell’Eurozona.
Adesso sulle spalle di Angela Merkel sembra gravare il compito più arduo. Sarà in grado di far accettare la sua proposta agli Stati del Nord di cui fino a qualche settimana fa si faceva portavoce? Ma soprattutto, riuscirà a frenare l’autoctono rigorismo della Bundesbank?
Si dice che non ci sia sconfitta nel cuore di chi lotta. Ma se non trionferà l’idea che l’Europa è unione di aiuti, mano tesa verso chi è più in difficoltà per ripartire insieme più forti di prima, la nostra lotta, quella europea, sarà vana.

Armando Biccari

Mi chiamo Armando Biccari ho origini pugliesi sono un giornalista ho lavorato e lavoro lavoro per diverse Testate giornalistiche online e Carta Stampata, e Radio TV ho vissuto in diverse città Italiane Genova, Venezia, Prato Macerata. Tra le mie passioni ci sono oltre al Cinema la comunicazione musicale Sociologia dei New Media Audiovisivi Televisione, e la comunicazione scientifica e tutto il resto...