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Il Club delle Ossessioni: l’originalissimo libro di Elisa Mura, tra manie e psicanalisi

“L’ossessione è quando qualcosa non vuole lasciare la tua mente” questa frase di Eric Clapton sta a pennello con questo libro. Be’, come dice il titolo stesso, “Il Club delle Ossessioni” si basa, appunto, su quei pensieri o comportamenti che non abbandonano mai la nostra mente, condizionando anche il sonno – tramite l’inconscio – e influenzando ogni nostra singola azione quotidiana. In sé, quei comportamenti non sono nemmeno dannosi (o non sempre), ma se ripetuti all’infinito rischiano di far perdere il senso della vita.

Ma entriamo nel vivo di un romanzo, quello di Elisa Mura, che mi è sembrato incredibilmente attuale, interessante e mai banale.

Abbiamo Roy Andersen che è uno psicologo un po’ sopra le righe. Scozzese, con una famiglia alle spalle… ehm… particolare, Roy è bello e sicuro di sé. Non superbo, eh, e nemmeno sciocco. Umile quanto basta. Tranquillo sempre. In un certo modo, strampalato – ma chi di noi non lo è? Studia a Cambridge e conosce una ragazza, Jane, algida e severa. Con lei instaura un rapporto incredibilmente competitivo. Entrambi cercano sempre di dimostrare all’altro il loro valore. Si vogliono bene, in fondo, e Roy lo ammetterebbe tranquillamente ma trova sempre un muro a dividerlo da Jane e alla fine perde le speranze.

Entrambi si laureano e, lontani, trovano la propria strada. Quella di Roy non è di certo tradizionale.

Cinque sono i ragazzi che comporranno il suo Club delle Ossessioni. Ma cos’è? Una sorta di bislacca unione tra persone con manie particolari? Allora, Il Club delle Ossessioni nasce da un’idea avuta da Roy insieme alla sua domestica/amica Eloise, trasferitasi da lui. Riunire le persone che hanno delle cose che ballano costantemente in testa, mettendo in pericolo la quotidianità e i rapporti interpersonali, e aiutarle a superare quella che pare una montagna: ecco lo scopo.

Cinque, quindi, sono gli individui che entrano a far parte del suo “gruppo”.

C’è chi ha l’ossessione per il proprio smartphone e non riesce a staccarsene neppure per un minuto. E, no, non sono io – anche se ho con il mio smartphone un rapporto ‘sì morboso da non riuscire a non osservare lo schermo nemmeno la notte.

C’è chi ha sviluppato un odio tanto grande per gli uomini da ritenerli tutti uguali, sempre disonesti, generalmente traditori, costantemente bugiardi. In realtà, sono caratteristiche che hanno entrambi i generi, ma purtroppo quando si riceve una bella serie di delusioni servita su un piatto d’argento non si può far altro che mettere una corazza e prepararsi ad allontanare tutti con una bomboletta di spray al peperoncino… O con una lingua biforcuta.

C’è anche chi è dipendente dallo sport e in questo libro sono due i personaggi che, in modo diverso, soffrono di questa mania. La parte che mi piace di più è quella che ha a che fare con le emozioni forti usate per sentirsi vivi e colmare un vuoto. Molte sono le persone, infatti, che cercano quotidiane dosi di adrenalina per sentirsi in linea con la vita. E per carità, tutto ok… Finché non si rischia la pellaccia, magari anche a cadenza regolare.

C’è chi non può immaginare di staccarsi dalla televisione e dai propri programmi televisivi senza rendersi conto che la vita è qui e adesso, lontana da qualsivoglia tipo di finzione.

Leila, Kim, Ian, Damian e Fanny sono incredibilmente diversi. Passioni diverse, diversi trascorsi. Diversi passati per diversi futuri. È inevitabile. Ma una cosa li accomuna: non possono smettere di essere legati a qualcosa che, in grosse quantità, crea danni, allontana dalla realtà, fa perdere i contatti con gli altri e chi più ne ha, ne metta.

Trovo la scrittura di Elisa Mura molto lineare, liscia, senza fronzoli, adatta alla storia. Le sue descrizioni minuziose delle vicende che hanno portato una determinata persona a essere così come è sono fantastiche: permettono di immettersi nella testa del personaggio, di poterlo conoscere a tutto tondo, di toccarlo, di immaginarlo. Alla fine, ci sembrerà di aver perso un gruppo di amici. Li conosciamo, nei loro pregi e difetti, e quando è così l’ultima pagina diventa inevitabilmente un addio. In questo caso, un addio con i controfiocchi.

Menzione d’onore per l’originalità. Non ho mai letto nulla del genere – nemmeno che ci si avvicinasse – ed è cosa rara, ultimamente.

Alla fine, ho adorato persino Jane – anche se non dirò nulla per non spoilerare: lei, così gelida, fredda, poco incline alle confidenze è leale. Sempre onesta. Mai finta. È forse per questo che, nonostante le profonde diversità con Roy, si piacciono, sebbene senza dirlo, così tanto.

Odio profondo per Jennifer, l’unico personaggio che ho ritenuto odioso.

Da leggere sicuramente. Perché tutti noi abbiamo dei pensieri che ci rincorrono tutti i giorni, tutto il giorno, comportamenti più o meno maniacali che tradiscono la natura fragile dell’essere umano. Ci nascondiamo nei nostri schemi, per lenire l’ansia, e spesso da tali schemi ci facciamo mettere le manette. L’importante è uscirne, sempre.

Ah, dov’è il mio smartphone? Perché l’ho sentito suonar… Amici, alla prossima recensione.

 

Federica Cabras

Ventiseienne, grande sognatrice. Legge per 12 ore al giorno e scrive per le restanti 12. Appassionata di cani, di crimine, di arte e di libri. Dipendente dalle paste alla crema. Professione, giornalista.