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La distanza tra il mondo giovanile e quello adulto è un punto di forza.

I giovani d’oggi desiderano indicazioni stradali con cartelli visibili e chiari: spetta a noi aiutarli a cercare la strada del futuro

Una normale espressione che spesso sentiamo rivolgere ai giovani è: “Sempre attaccati ai cellulari”! Però, in fondo, siamo noi stessi a metterglieli in mano. A volte persino in età forse prematura.

Stiamo indubbiamente vivendo in un’era di grandi trasformazioni ma, in parte, solo apparenti, perché i comportamenti essenziali di noi esseri umani sembrano ripetersi, sempre uguali, all’infinito. Ogni epoca possiede i propri strumenti e, ai miei tempi, vi era la bicicletta. Chi di noi non ha subito gli stessi discorsi, sul nostro correre in bicicletta sui marciapiedi attorno ai palazzi? Gli adulti si rifanno sempre al loro vissuto, ai loro ricordi.

È persino giusto che esista una lontananza fra il mondo giovanile e quello adulto, perché è cosa sana, per le menti e le esistenze di tutti. Se non ci fossero mai stati conflitti generazionali vivremmo nelle caverne e useremmo ancora la clava. Ogni generazione porta novità positive o negative che siano. È opportuno andare incontro alle esigenze giovanili, come è utile insegnare loro che appartenere ad altri periodi storici significa (aver imparato ad) amare le proprie abitudini. E cambiarle è cosa assai complessa, benché possa essere utile. Ecco perché, stabilire un dialogo con i nostri giovani è comunque possibile. Il talento italiano è una buona abitudine da tramandare e per farlo è importante riconoscerlo e sostenerlo. Quanto talento scopriamo ogni giorno al cinema, in teatro e spesso anche tv!

 

Penso sia giusto ricordare che i giovani oggi parlano la lingua che capiscono. Proprio come accadeva a noi, quando giovani eravamo. I genitori possono relazionarsi con i figli anche se apparentemente non riescono a comunicare. Stabilire un dialogo con i nostri giovani è comunque possibile. Anche con la presenza e il silenzio.

Io lo sperimento quasi quotidianamente. I giovani fanno domande, sono attratti dal riconoscere nella storia di coloro che li hanno preceduti i loro stessi pensieri, amano essere amati e compresi, e desiderano regole, norme e pilastri su cui poggiarsi. Abbisognano di indicazioni stradali, con cartelli visibili e chiari, esattamente come è accaduto a noi, con la differenza che allora si percepiva nei nostri genitori l’idea di un tragitto verso qualche cosa. Oggi, questo qualche cosa è invece offuscato, avvolto nella nebbia dell’indifferenza. Come potremmo dunque fare? Potremmo amarli per quello che sono e non per quello che vorremmo fossero. Ecco cosa vogliono i nostri giovani da noi: sentire l’amore che sgorga dal cuore quando li aiutiamo a crescere.

Certo, dobbiamo dedicare loro il nostro tempo, solo quello migliore, però.


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Alessandro Bertirotti

Docente universitario e Visiting Professor di Anthropology of Mind presso la Universidad Externado de Bogotà, Colombia