Tutti noi abbiamo memoria delle cose.
Di noi stessi, degli altri e del mondo che ci circonda. Senza memoria non esiste apprendimento, ossia non siamo in grado di imparare quelle informazioni che possono cambiare i nostri comportamenti. Se non memorizzo le lettere dell’alfabeto, in qualsiasi lingua, non sarò mai in grado di metterle insieme, combinarle, per creare le parole, e senza parole non esiste linguaggio. Senza parole non parlo e non scrivo. Semplice, ovvio ma fondamentale.
Questa è la settimana della memoria.
Vogliamo tutti ricordare Auschwitz. Abbiamo deciso di farlo, dopo quel vicino 27 gennaio 1945, quando si aprirono i cancelli di quel luogo della tortura.
Per essere chiaro sull’utilità della memoria rivolta al futuro, provate a pensare a come sia utile per uno studente che impara la geografia il giorno prima dell’interrogazione. Ciò che metterà a memoria verrà utilizzato da lui stesso il giorno dopo, in classe e di fronte a tutti. Ecco, in questo caso la memoria si rivolge al futuro. Se invece, impariamo la geografia per ricordare qual è la capitale della Francia, senza doverlo ripetere a qualcuno il giorno dopo, si tratta di una memoria che si potrà utilizzare solo all’occorrenza.
Ricordare quindi l’immane tragedia di un popolo è ricordare l’ambiente della nostra storia, come uomini ed europei. Solo in questo modo potremmo davvero ricordare che i sintomi di queste sciagure si annidano nell’essere umano, anche quando crede di essere migliorato. No, di fronte al male non dobbiamo mai abbassare la guardia.
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