Intervistare Gigi Cutrì, amico di vecchia data e compagno di mille avventure radiofoniche, è stata una sfida. La mia iniziale esitazione nasceva dalla convinzione che mi avrebbe rifiutato. Un rifiuto che, seppur timido, mi sarei aspettato. Gigi, pur essendo una figura di riferimento per molti speaker e registi affermati in diverse emittenti, non si attribuisce, a mio parere, il giusto riconoscimento. La sua reazione alla mia richiesta – “Ma cosa vuoi che importi alla gente di me?!” – ne è la prova lampante. Ma ti sbagli, amico mio! Tu possiedi l’abilità di scorgere la genuina passione negli occhi di chi ama la radio, e a molti di noi hai donato l’opportunità di apprezzarla e rispettarla grazie ai tuoi preziosi insegnamenti. Amici radiofonici, accomodatevi e scoprite l’eclettico e visionario Gigi Cutrì di RTL 102.5: uno dei pochi in grado di trasmettere non solo la tecnica, ma anche l’amore incondizionato per la radio. Attenzione però! Se cercate solo la gloria effimera, girate pagina. La radio è “voce che vibra nell’etere”, e non è scontato che la vostra performance lasci un segno indelebile nell’ascoltatore. Da oltre vent’anni sei un regista radiofonico di grande esperienza; in questi anni hai formato generazioni di professionisti. Chi tra i tuoi allievi ti rende più fiero? Dire “ho insegnato” è un’esagerazione, piuttosto ho fornito consigli, spunti di miglioramento. In primis, ti cito te, che hai raggiunto traguardi significativi e continui a scalare le vette del successo. Poi, Manuela Boldi, Sara Ventura (già affermata nello spettacolo, ma neofita nel mondo radiofonico), Rudy Smaila, gli Zero Assoluto, con cui ho collaborato al programma “Terzo Piano Interno B”, e infine Wally di Radio Freccia, che, partendo da una concezione distorta della radio, ho letteralmente plasmato, trasformandolo in un presentatore di grande talento. Perché dico “ho dato dei consigli”? Perché ciascuno di noi nel proprio cammino incontra persone da cui imparare. Oltre agli speaker, ho condiviso la mia esperienza con registi come Luca Onere, Alessandro Baccoli e Michael Triverio. Nessuno ti ha mai manifestato ingratitudine? Certamente, ma non ho mai preteso riconoscenza, ho sempre insegnato spinto dalla passione per la radio. La mia maggiore soddisfazione è vedere queste giovani leve affermarsi nel panorama radiofonico. Conosco i tuoi metodi di insegnamento, ma i lettori no. Quali sono le tecniche più curiose o drastiche che hai adottato per correggere i difetti di conduzione di chi non riusciva a migliorarsi autonomamente? Oltre al “metodo energico”, ho usato cartelli giganteschi posti sotto gli occhi del “colpevole”. Ricordo, ad esempio, per farti eliminare l’intercalare “dopodiché”, ti ho fatto sentire un suono fastidioso ogni volta che lo pronunciavi. Riconosci il talento a prima vista, o ti sei ricreduto su qualche allievo? Anche io ho dedicato tempo a persone che aspiravano a questa professione, dichiarandosi appassionate e talentuose, ma che si sono rivelate un buco nell’acqua. Per fare radio ci vogliono passione, dedizione e talento, e la mancanza di uno solo di questi ingredienti può compromettere la carriera. Hai una grande capacità comunicativa e una profonda conoscenza del mestiere. Ammettiamolo, hai anche una buona dose di quella vanità tipica di chi lavora nel mondo dello spettacolo. Perché non hai mai fatto il salto, diventando speaker a tutti gli effetti? Semplice: come regista ho un contratto a tempo indeterminato, con contributi, ferie, malattie pagate e (forse) la pensione; come speaker sarei un precario a vita! Scherzi a parte, non mi sono mai sentito abbastanza talentuoso per affrontare questa sfida. Saresti stato uno speaker mediocre. Nel 2005, quando ci siamo conosciuti, non potevamo essere amici, anzi, sottolineasti con fermezza che saremmo rimasti solo colleghi. Perché questa scelta? Te lo spiego con un aneddoto. Alle superiori avevo un brutto voto in fisica e mia sorella, insegnante di matematica e fisica, cercò di darmi ripetizioni; fu un disastro. Invece, con un tutor esterno, recuperai subito. La familiarità porta a superficialità, mentre il distacco genera attenzione. Machiavelli diceva “è meglio essere temuti che amati”. In radio sei conosciuto come GQ, tra amici sei Gigi, nessuno ti chiama Luigi, ma un tempo eri Ermes. Chi era Ermes e cosa ti ricorda? Ermes coincide con GQ, Gigi e Candido (il mio terzo nome). Con quel nome co-conducevo un programma su Hit Channel con gli Zero Assoluto, grazie a Claudio Cecchetto e Lorenzo Suraci, scoprendo di saper condurre, esprimendo la mia creatività. In questi anni sei rimasto lo stesso con gli amici, ma tua moglie e i tre splendidi figli hanno trasformato il latin lover di un tempo in un padre e marito invidiabile. Te lo aspettavi? La vita sa sempre sorprenderti. Non ho mai programmato nulla. Nel 1990, quando iniziai a mettere i primi dischi, mi dissi “proviamo e vediamo che succede”. Passo dopo passo, oggi sono regista del network radiofonico più ascoltato d’Italia, co-conduttore di “We Love Consolle”, direttore artistico di una web radio (bmradio), marito felice e padre di tre figli! Guardando indietro sono incredulo, e guardando avanti, ho ancora tanto da fare, ma non so cosa. Le nostre serate insieme rimangono un bellissimo ricordo, e a proposito, sei stato uno dei pochi a lasciare il mondo delle discoteche. Perché? Il mercato è cambiato. È facile fare questo lavoro se ci si vende a poco prezzo (a volte gratis) o se si è un nome affermato. Chi si trova nel mezzo fa molta fatica. Inoltre, sento di essermi allontanato dal pubblico delle discoteche. E poi… largo ai giovani! Ci sono molti dj bravi e capaci. A proposito di serate, hai aneddoti inediti? In consolle mi sono sentite le richieste più assurde: “scusa, puoi mettere Imca?” (voleva YMCA); “metti musica bella!” (risposta: “mi dispiace, ho solo musica di merda…”); “la 3, la 6, la 8!” (voleva il suo CD – risposta: “vai al ristorante portandoti la pasta cruda?”); “cambia musica, nessuno balla!”; “la pista si svuota, fai qualcosa!” (risposta: “li mando al bar a consumare, così fai cassa, ma se vuoi li riporto in pista”). Rimani un pilastro di RTL 102.5, ma non hai mai “leccato i piedi” per emergere. Preferisci rimanere al tuo posto o hai rimpianti? Pilastro? Mi sento più la scala dello scantinato! Io non so “leccare i piedi”. Sono gentile ed educato con tutti. Rimani un grande maestro, grazie a te molti hanno iniziato a lavorare in radio. Hai rimpianti? L’unico rammarico è il tempo perso con alcuni soggetti, ma della loro ingratitudine, poco mi importa. Sono diventato molto geloso del mio “sapere” e in futuro lo condividerò con più parsimonia. “I Love Console” e “We Love Console” rappresentano l’anello di congiunzione tra me e te, e hanno cementato la nostra amicizia. Sono l’espressione della nostra creatività radiofonica. Seguite “We Love Console” il martedì dalle 16:00 alle 17:30 sulla pagina ufficiale di Fabio De Vivo! Un consiglio per chi vuole fare radio e non diventare una web star? Se volete fare radio, sappiate che sarete anonimi, una voce nell’etere, parole che forse svaniranno. Se questo vi appaga, allora è la vostra strada. Quando da giovane dicevi alla gente di fare il dj o la radio e ti rispondevano “E poi cosa fai?”, cosa pensavi? Pensavo “tu sei costretto a lavorare per guadagnare, io… no!”. Grazie Gigi! Senza di te e i tuoi insegnamenti non sarei ciò che sono.
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