Jimi Hendrix rivive ne La Notte in cui inventarono il rock. L’intervista all’autore Reno Brandoni
James Marshall, “Jimi”, Hendrix (Seattle, 27 novembre 1942 – Londra, 18 settembre 1970) è considerato il più grande chitarrista di tutti i tempi
e l’artefice di una vera e propria rivoluzione del rock. La sua figura, carismatica e trasgressiva, diventa simbolo delle contestazioni giovanili quando, nel 1967 al Festival di Monterey, dà fuoco alla sua chitarra davanti a una folla allibita.
È lui il protagonista di La notte in cui inventarono il rock di Reno Brandoni, illustrazioni di Chiara Di Vivona, pubblicato nella collana Curci Young dalle Edizioni Curci in collaborazione con Fingerpicking.net. Nel cd allegato la voce narrante è di Stefano Nosei.
«Oggi sono stato sgridato perché scrivo con la mano sinistra»
«E tu sei arrabbiato per questa stupidaggine?»
«Certo che sono arrabbiato, ma un giorno le mie mani cambieranno il corso della storia».
La notte in cui inventarono il rock ripercorre l’infanzia e l’adolescenza di Jimi e finisce proprio lì dove iniziano storia e leggenda. Per raccontare ai ragazzi il potere comunicativo della musica e la forza che un sogno, una passione, possono avere nell’indirizzare un destino.
Reno Brandoni negli anni ’80 ha collaborato con i più importanti chitarristi dell’epoca come Stefan Grossman, John Renbourn, Duck Baker, Dave Van Ronk, con cui ha fatto tournée in tutto il mondo. Nel 2000 ha fondato il sito web Fingerpicking.net, che ha incontrato il favore di migliaia di chitarristi. Ha curato la collana “Classic” dedicata alla trascrizione dei manuali di chitarra classica in tablatura. E’ ideatore della serie di chitarre per fingerpicking “Effedot” e ha fondato la rivista specializzata “Chitarra Acustica”.
Ultimamente sta girando l’Italia con i suoi laboratori dedicati ai ragazzi presentando i nuovi volumi.
Come nasce l’idea di un libro su Jimi Hendrix dedicato ai bambini?
Jimi Hendrix è un esempio di tenacia, disciplina, studio e ostinazione, il tutto accompagnato da un incredibile innato talento. Nato povero, mancino, e di colore, in un America non proprio tollerante, ha dovuto lottare per imporre la propria personalità, le proprie idee, la propria visione della musica. Ha fatto un grande lavoro e un grande sforzo per realizzare i propri sogni, rinunciando ai guadagni facili che avrebbe potuto realizzare grazie alla sua abilità. E’ un bell’esempio per i ragazzi. E’ un eroe dei nostri giorni, scelto quale simbolo da una generazione che aveva voglia di cambiamento. Purtroppo, lo si ricorda soprattutto per la sua vita dissoluta e psichedelica, ma dietro, prima, c’è stato un grande lavoro fatto di impegno e passione. Ed è proprio questo che voglio raccontare. Non si diventa star solo perché si è stravaganti o eccentrici. Per entrare nella leggenda bisogna avere qualità e personalità.
Quale la reazione dei giovanissimi davanti ad un tale mito?
Curiosità, perché per la prima volta parlo dell’uomo e non del simbolo della trasgressione. Spiego la fatica e le rinunce, la voglia di sfide, il suo incontro-scontro con Eric Clapton.
Ultimamente sta girando l’Italia con i suoi laboratori dedicati ai ragazzi: come si svolgono questi incontri?
Il laboratorio è diviso in due parti, in una prima parte racconto la biografia di Jimi, spiego il contesto e narro vari aneddoti del suo percorso musicale. Nella seconda parte, inizia il laboratorio vero e proprio. Seguo il percorso del libro, suonando dal vivo la sua Supro Ozark Bianca, mostrando come otteneva i vari suoni distorti. Ci sono tanti oggetti di scena, come la vecchia radio o la cassapanca da cui tiro fuori la famosa giacca, quella con gli alamari dorati. Tanti racconti ma anche tanta musica suonata dal vivo.
La domanda più interessante o originale che le è stata posta durante i workshop?
Forse la cosa che risulta più strana da capire e sulla quale ricevo più domande è proprio legata al fatto di essere mancini. E’ molto difficile comprendere come questa caratteristica negli anni ’60, potesse essere così emarginante. Mi chiedono come mai il papà di Jimi lo costringesse a suonare con la mano destra. Oggi, per fortuna, Il tempo ha cancellato ogni traccia di quella che veniva considerata una diversità e con cui molti hanno dovuto confrontarsi. Io per primo.
La musica che oggi ascoltano i millennials è legata al mondo rap/trap, che sembra parlare un linguaggio davvero lontano da quel pop/rock con il quale le vecchie generazioni sono cresciute. Quale il suo punto di vista su queste nuove realtà musicali che catturano l’attenzione dei ragazzini?
Di solito cerco di far comprendere le origini. Racconto del gospel e di come quel tipo di musica possa essere l’antenato del rap. Cerco di far comprendere l’evoluzione musicale e l’importanza delle radici. I ragazzi sono molto curiosi ma spesso disinteressati ed è necessario attirare la loro attenzione. In questo sono fortunato, avendo fatto il chitarrista per oltre quarant’anni, riesco a coinvolgerli anche con esempi musicali e racconti di vita vissuta. Dopo i laboratori, mi dicono gli insegnanti, i ragazzi vanno a casa e verificano quanto ho raccontato, cercando su youtube o spotify i riferimenti che ho indicato. Quando scoprono che è tutto vero, rimangono ancora più coinvolti. L’importante è non stare in cattedra, ma di solito la musica insegna questo tipo di umiltà. O perlomeno la insegnava, perché, anche se sono di vedute molto aperte, purtroppo devo riconoscere che la musica di oggi si basa soprattutto sulle mode e le apparenze. Ecco perché per trovare una vera “leggenda” dobbiamo scavare nel passato.
RIMANI AGGIORNATO SULLE NOVITA’ – Iscriviti gratuitamente qui!
[mailpoet_form id=”2″]