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Daniele Stefani tra l’estero, l’Italia e “Italiani” | L’intervista

“Italiani” è il suo nuovo singolo uscito lo scorso 11 Maggio ed è il primo step per un nuovo progetto che arriverà nel 2019. Daniele Stefani torna in Italia dopo anni passati all’estero con lavori importanti, come la partecipazione nella versione spagnola del famosissimo musical Cats e concerti in tanti Paesi, e si rimette in gioco.

Dopo anni passati all’estero, hai deciso di tornare sulla scena italiana che vive un periodo particolare per via dello streaming e di fenomeni spesso momentanei. Magari qualcun altro ci avrebbe ripensato mille volte…

Io mi sono allontanato dall’Italia in un momento in cui, artisticamente e a livello personale, stavo vivendo un momento più basso e ho deciso di ricominciare dall’altra parte del mondo creandomi una seconda vita artistica. Il mio storico produttore, Giuliano Boursier, ha avuto un ruolo importante nella mia decisione di tornare in Italia perché mi ha detto: “Tu fai il cantautore, cosa aspetti a scrivere e a pubblicare di nuovo anche nel tuo Paese?”, e quindi mi ha definitivamente convinto, anche se continuerò a fare concerti all’estero. Certamente il mercato musicale in questo momento storico, da ormai diversi anni, non è cambiato… è proprio un’altra vita.

Qual è stata l’esperienza per te più importante vissuta all’estero?

Il periodo in Cile è stata l’esperienza più importante anche perché è quella più lunga. Poi ho visitato anche altri Paesi, ma per i concerti. In Cile è dove mi sono insediato di più, ed è dove ho vissuto anche un’esperienza di vita.

Ora sei tornato con “Italiani”. Il bisogno di parlare dell’Italia deriva anche dal fatto di aver incontrato altre culture e altri posti per diversi anni o dietro c’è un altro motivo?

Assolutamente. È collegato al fatto di aver percepito in questi anni l’amore viscerale che c’è da parte di molti Paesi, quasi tutti devo dire, per il nostro popolo e la nostra nazione. Stando all’estero ti senti più italiano che in Italia. Le tue caratteristiche vengono risaltate, accentuate e in qualche modo esaltate da popoli stranieri che ci amano. Tornando, ho deciso di raccontare anche i lati un po’ più oscuri del nostro popolo perché da cantautore non potevo fare altrimenti.

Però concludi il brano con la frase “Ci piace ridere, ci piace vivere”…

Sì perché comunque è una visione positiva, quello che io ho personalmente vissuto. Credo che un cantautore debba raccontare la sua storia indipendentemente dalle mode e dai momenti. Io ho fatto questo, ho raccontato quello che ha vissuto. È il primo step di un album che arriverà l’anno prossimo.


Tu fai musica da quando hai cinque anni. Molti ormai fanno numeri senza una reale storia personale tra loro stessi e la musica. A volte improvvisano. Quanto è importante secondo te e quanta differenza fa essere preparati?

Al di là dei numeri è sicuramente importante. Ho sempre detto che non è fondamentale aver studiato o essere diplomati al conservatorio, ma è importante nell’approccio con le persone con cui lavori. Quando devi preparare un live e hai a che fare con i musicisti, sicuramente ti aiuta a capire e ad essere rispettato da loro e da chi lavora con te. È un aspetto che personalmente mi piace, aver studiato e avere piena consapevolezza musicale. Non è strettamente necessario se scrivi canzoni. Puoi essere bravo a scrivere canzoni anche se non hai studiato. Però consiglio sempre di farlo perché è un percorso personale che aiuta, e sarebbe utile un po’ più di gavetta vecchio stile…

Parlavo proprio di quello. A volte si buttano nella musica dall’oggi al domani…

Oggi si confonde il successo con la popolarità. I numeri hanno preso il sopravvento e conta meno il famoso curriculum. Il percorso artistico oggi viene guardato un po’ meno e mi riferisco ai media in questo caso. La gente ascolta ciò che le viene proposto.

Ci sono autori o interpreti che ti hanno ispirato nel tuo percorso artistico e che tieni tutt’ora in considerazione?

Ce ne sono davvero tanti. Ho avuto degli ascolti assurdi nella mia vita, da un estremo all’altro! Dalla musica classica a Elvis Presley e alla musica italiana… Dalla, Battisti, Baglioni che ha uno stile che melodicamente sento vicino. Questi cantautori sono rimasti nella mia playlist quotidiana. Però ascolto un po’ di tutto perché è giusto essere curiosi e andare a capire quelle che sono le novità.

Per questo nuovo progetto sei tornato a collaborare con il produttore dei tuoi due primi album, Giuliano Boursier.  Lavorare con qualcuno con cui si ha complicità personale e artistica può cambiare il risultato?

Partiamo dal presupposto che nella maggior parte dei casi ho sempre lavorato con persone con cui ho sempre avuto buoni rapporti. Nel caso di Giuliano è un rapporto speciale perché ci conosciamo da vent’anni. Ritrovarsi è stato importante perché oggi abbiamo più consapevolezze. Un grande vantaggio è che lui mi conosce bene artisticamente, conosce pregi e difetti. Conoscersi è importante e quando si fa musica è fondamentale.

Ti aspetti qualcosa in particolare da questo nuovo progetto?

Sicuramente c’era il bisogno di comunicare. Come dicevo prima, penso che un cantautore ha senso che pubblichi un album nel momento in cui c’è qualcosa di nuovo da raccontare. “Aspettativa” è una parola un po’ borderline in questo periodo storico… però direi che è quella di ritrovare uno spazio in Italia con il pubblico che ama questo tipo di cose, perché ovviamente non si può piacere a tutti. Ricostruirsi un proprio spazio è l’aspettativa principale.


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