L’ipocrisia di Daniela Del Secco: un’analisi impietosa

L’ipocrisia di Daniela Del Secco: un’analisi impietosa

Desideravo seguire le orme di un’icona, invece mi ritrovo, con soddisfazione, a smascherare un’impostora in un famoso salotto televisivo. Ho dedicato tempo e spazio a questo caso, ormai quasi risolto, di Daniela Del Secco, ma nuovi episodi e comportamenti inquietanti si aggiungono alla lista delle gaffe imperdonabili in televisione. Non si può scherzare con il pubblico, la sovranità italiana non si calpesta così impunemente! Questo continuo susseguirsi di nefandezze è semplicemente inconcepibile. Per la cronaca, preciso che l’identificazione personale, secondo i protocolli forensi, si applica a latitanti, criminali, o situazioni come scambio di neonati, rapimenti, amnesia o casi assicurativi. Quindi, basta affermazioni ridicole, anche se supportate da esperti di genealogia! Non confondiamo ciò che è con ciò che si vorrebbe essere. Quella che si proclamava Marchesa d’Aragona, poi diventata Baronessa di Catanzaro grazie alla testimonianza del presunto Barone Antonio Sansone, è solo una grande bugiarda. La verità, come ho detto a Barbara D’Urso, è sempre la migliore soluzione. Certo, è scomodo confessare dopo una serie di menzogne, ma celarsi dietro un ingresso trionfale invece di rispondere alle accuse, soprattutto dopo aver pubblicamente rinnegato i genitori nella casa del Grande Fratello, è un segno di vigliaccheria. Dovrebbe chiedere scusa a tutti coloro che ha illuso e a cui ha spezzato i sogni. Il suo titolo nobiliare è solo un marchio registrato, e non c’è bisogno di cercare notorietà per dimostrarlo. In psicologia, l’identificazione personale è un processo di assimilazione di tratti altrui per costruire la propria identità. Daniela Del Secco ha palesemente copiato Tina Cipollari, dagli abiti eleganti agli animali di pezza, dalla dialettica ai siparietti, creando una versione “altolocata” dell’opinionista. È così evidente che è innegabile. Ci sono vite vere, vite recitate e vite sognate. Lei, cara Marchesa, può solo sognare di essere Tina Cipollari, perché di Tina ce n’è una sola. Può imitarla, ma rimane una copia sbiadita. A tratti divertente, a tratti noiosa, i suoi monologhi sono vuoti di nobiltà. Se vuole stare a corte, le consiglio il ruolo di giullare; le calza a pennello. Sarebbe un’ottima clownterapia. Per quanto riguarda gli ingressi trionfali, ne vedrà uno vero quando sarò in studio. Prenda appunti. A presto, o quasi.