Un’Estate di Morte ad Alassio

Sotto il sole estivo di Alassio, un’atmosfera di calma apparente avvolge Alma, una giovane e attraente cantante indiana in cerca di serenità. Il mare scintillante e l’odore salmastro sembrano lenire l’agitazione interiore che la tormenta, offrendo una tregua dalle responsabilità e dal ritmo frenetico della vita. Questa fragile pace è bruscamente interrotta da una telefonata: Arthur Cortes, un famoso pianista e suo ex amante, le comunica la tragica notizia della morte della moglie, Tatiana, una promettente scrittrice. Non si tratta di un decesso naturale né di un incidente: Tatiana è stata assassinata, lasciata morire di fame e sete, legata con fili rossi.
L’enigma si infittisce. Tatiana, apparentemente priva di nemici dichiarati, era in realtà osservata da molti, non sempre con affetto. Il Commissario Fermi, incaricato delle indagini nella pittoresca Fregene, si trova di fronte a un intrigo complesso. Nessuno sembra immune da sospetti: la cognata, ossessiva e malata, il marito Arthur, glacialmente distaccato, il giardiniere, ancora innamorato della defunta e stranamente eccitato dalla presenza di Tatiana. La rete di sospetti si allarga, includendo psicologi con personalità problematiche, mariti infedeli e amanti inaspettati. E poi c’è un’altra donna, simile a un fiore reciso, privata del futuro, fredda come la morte stessa. Un libro misterioso emerge, potenziale chiave per risolvere il caso.
Manola Aramini, autrice di “Noi che ci stiamo perdendo” (Officina Milena), costruisce una suspense crescente, cambiando prospettiva e offrendo scorci sulla psicologia dei personaggi, senza rivelare immediatamente l’assassino. L’autrice dissemina indizi, svelando i segreti più oscuri di ognuno, generando una continua tensione nel lettore, che si trova a formulare ipotesi e a ricredersi continuamente. L’ambientazione romana, tra bellezza e squallore, contribuisce all’atmosfera inquietante del racconto.
La conclusione, inaspettata e sconvolgente, lascia il lettore con un senso di profondo turbamento: la morte di Tatiana, causata da una colpa forse non del tutto tale, mette in luce l’ambiguità della vita e la fragilità dell’esistenza. Un finale amaro che persiste a lungo, un’eco silenziosa dell’assenza.