“Era risaputo che New York fosse la culla delle opportunità. Potevi decidere se mangiare cinese o italiano – ma anche cibi di chissà quale paese sconosciuto –, scegliere se diventare un barbone o un agente di Wall Street, in pratica se vivere da squattrinato o fare soldi a palate, oppure sperare semplicemente di finire sotto a un taxi, per mettere fine alle asperità della vita. Cosa che spesso appariva più semplice in un caos assoluto come quello della Grande Mela.”
È questo l’incipit del libro di Stefania Da Forno “Semplice come fare le scelte sbagliate” (Delrai Edizioni). Ma vediamo un po’ nel dettaglio.
Mackenzie è un’avvocata trentenne con uno spiccato senso dell’umorismo e vive nella Grande Mela.
Ha tutto quel che si possa desiderare… Un appartamento carino che può tranquillamente permettersi grazie a una carriera ben avviata e una cerchia di amici che le vogliono bene. Che importa se la madre, la bella anche se ottusa – o perlomeno pare essere così all’inizio – Marla, la vuol vedere accasata con un uomo quanto più rispettabile? Le chiede in continuazione se c’è una fiamma ardente che brucia nel suo cuore (sì, va be’, non proprio così… diciamo che è più pratica nello stordire la figlia a colpi di “con-chi-ti-vedi?”), soprattutto la domenica – una domenica al mese, precisamente – quando la ragazza va a trovare lei e il suo compagno. E Mac, matura donna in carriera, che fa quando le vien? Be’, ovviamente mente. Con tutta la nonchalance del mondo, poi.
Non sa come sbrogliare quella che è una matassa fin troppo ingarbugliata. Inoltre, è infelice su più fronti.
“Mi sentivo grata di quello che avevo raggiunto e di dove mi trovavo. Avevo sudato per arrivare fino a lì, avevo rinunciato a molte cose per avere un conto in banca più che dignitoso, ma sapevo che mancava qualcosa. Mi costringevo a non pensarci più di tanto, altrimenti la depressione mi avrebbe portato via anche le cose belle che addolcivano la mia vita. Mi focalizzavo sui traguardi e sugli aspetti che rendevano le mie giornate degne di essere vissute, come gli amici e la mia casa.”
Ma che ne pensa dell’amore?
Quando arriva una cartolina di nozze, lei reagisce bene… ma non benissimo; a voler pronunciare il fatidico “sì, lo voglio” e non solo, che non manchi – giammai! – il “finché morte non ci separi”, è una sua amica di vecchia data. È con il muso più lungo della terra che partecipa a un addio al nubilato… Un addio al nubilato che sarà, però, speciale, per lei.
Ma arriviamo al secondo protagonista di questa storia sofferta.
“Dopo anni, dopo innumerevoli sofferenze, Ally ancora pensava solo a se stessa. Non le importava che io fossi il padre di suo figlio; in ogni caso, non avevo nessun diritto di scelta. Quello che diceva era legge e il solo pensiero di interpellare un avvocato mi gelava il sangue nelle vene. Non volevo che Preston vedesse i suoi genitori darsi battaglia. Desideravo solo tornare a essere una famiglia, come un tempo.”
Reeve è il classico cattivo ragazzo, quello che in tutti i libri, in tutte le serie tv, in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi fa perdere la testa alle brave ragazze con un solo sguardo. Ha trent’anni, è pieno di tatuaggi – che gli conferiscono un’aria da duro che poi, in effetti, non rispecchia il suo carattere, quello vero – e ha un figlio. Il suo problema più grande? Be’, è la sua ex moglie, Ally, di cui è ancora pazzamente innamorato nonostante lei abbia più caratteristiche in comune con gli squali bianchi che con gli esseri umani. Ally è bionda – di un biondo che è un po’ un presagio di malvagità, infatti fin da subito si prova nei suoi confronti una sorta di avversione – e ha degli zaffiri azzurri sempre pronti a squadrare la sua ex fiamma con estremo astio.
Erano innamorati ma poi, come sempre quando la vita si complica, son diventati due estranei; l’arrivo del piccolo Preston qualche anno prima ha distrutto, apparentemente, l’amore di lei che, “privata del futuro”, non perde occasione per umiliarlo e mortificarlo. E lui la sopporta? Sì, certo; lo fa per avere suo figlio sempre vicino, malgrado lei mini il loro rapporto in quanti più modi possibili.
Ah, sì, dimenticavo: anche lui riceve una partecipazione; anche lui partecipa a un addio al celibato. Sì, proprio quella sera i due si incontrano.
Sarà l’inizio di una passione travolgente. Reeve e Mackenzie, grazie a un curioso e speciale colpo di fulmine – ma è il destino che, a rigor del vero, li unisce sin dal primo sguardo –, si guardano e tutto il resto scompare. Da quel momento, le loro due anime gireranno insieme, l’una attorno all’altra, senza possibilità di scampo.
“Risollevai lo sguardo, nella speranza che quelle effusioni fossero giunte al termine, ma rimasi senza fiato. C’era un uomo a qualche passo da me, che consumava tutto l’ossigeno che mi circondava. Il volume della musica sembrò calare gradualmente, finché non divenne un rumore di sottofondo, accompagnato dal battito del mio cuore che, in quel momento, sentivo più forte e ritmico. Non sapevo chi fosse, come si chiamasse, e il motivo per cui i suoi occhi scuri guardassero proprio me, ma non me ne fregava niente.”
La solita storia d’amore? No, assolutamente: Stefania Da Forno è molto, incredibilmente brava a tenere il lettore incollato alle pagine con un crescendo di colpi di scena. Le parti dove il punto di vista è di Mackenzie sono particolarmente divertenti, poi, e strappano spesso un sorriso… Mac è dotata di un senso dell’umorismo acuto, spesso macabro e a tratti dissacrante. Esilarante la scena del matrimonio, con la sposa descritta come una meringa e con lo sposo fermo, immobile e rigido come uno stoccafisso.
Ho apprezzato moltissimo il brusco cambio di stile che si nota quando cambia il point ok view con lei molto, appunto, ironica e genuina e lui sempre frustrato, arrabbiato, raramente sereno.
I due sembrano vivere in due pianeti completamente diversi, così diametralmente opposti a livello caratteriale da non sembrare compatibili.
Molto interessante anche la parte dove Mac, insoddisfatta sul piano lavorativo, cambia totalmente e si butta di qualcosa che la rende felice. Ci vedo sempre un qualcosa di romantico e bellissimo, nelle scelte fatte con il cuore. E ripagano, eccome se lo fanno – e questo anche nella vita reale!
“E fu lui a mettere fine a quell’agonia. Quel contatto fu l’esplosione che stavo aspettando da sempre; era come se il tocco delle nostre labbra fosse il biglietto vincente. Non resistetti, sapevo che non ce l’avrei fatta nemmeno con tutta la buona volontà che possedevo. I miei occhi si chiusero, ancora, per assaporare al meglio il momento. La sua lingua iniziò a sfiorarmi, come a chiedere il permesso e le mie labbra si aprirono senza il minimo tentennamento. Aveva scoperto la combinazione segreta.”
Punteggio pieno per la Da Forno che regala ai lettori una storia rosa – quando parla Mackenzie sembra quasi genere chick lit – condita da ironia e da una buona dose di struggimento.
Quattrocento e più pagine che volano una dopo l’altra. Il vero amore spesso si nasconde dove meno ce lo aspettiamo, è vero, ma è pronto a sbocciare, a crescere e a consolidarsi nonostante spesso nei suoi confronti si accanisca il fato.
“Ed eccola lì, la musa che veniva a farmi visita ogni notte. Ballava, seguiva il ritmo di quelle note di cui ignoravo il cantante. Ma cosa me ne fregava della musica, quando potevo osservare lei. La canzone era solo lo sfondo, qualcosa che accompagnava i suoi movimenti sensuali. Era disinibita, libera. Le guance arrossate, i capelli che le accarezzavano le spalle, la schiena. Le braccia che fluttuavano leggere nell’aria. Il mio sguardo doveva essere così rumoroso da farsi sentire. Non smise di ballare, nemmeno quando i nostri occhi si incrociarono, e fu impossibile distoglierli. Io immobile, lei in movimento”.
Ma quanto sono belli i colpi di fulmine?