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Simona Lo Iacopo | L’albatro, la fedeltà dei ricordi | Recensione

Spesso si tace. Non si dicono tante cose per paura, per vergogna, per segreti di fantasia. Tacere non è una mala pensata, una vigliaccheria. Perché attraverso il silenzio rispettiamo quello di cui abbiamo di più caro: i ricordi. Il non detto protegge, è un cuscino su cui abbandonarsi tranquilli. Affidarsi alla fiducia, sapendo di avere salvo il passato. E questo non cambia mai, al massimo ritorna per oscurare l’animo o per rincuorarlo. Allora, se il passato è passato e lo si ricorda, si vive alla rovescia. Una vita al contrario, capovolta, per non guastare la mente che rivela, da adulti, un marasma di significati sciolti. Liberi di arrivare al punto d’inizio, al principiare delle cose. Si parte, quindi, dalla fine per sfilacciare i dubbi, i problemi, le paure. Ed il silenzio aiuta. In fondo a parlare siamo con noi stessi, soli e soltanto. Confessori e penitenti insieme, in un unico cuore. Certo, bisogna essere pronti, insoddisfatti della vita, ambiziosi o solo stanchi. Si arriva anche ad essere essenziali negli obiettivi, espliciti nelle richieste e asciutti nei resoconti. Parlare per non dire, accarezzare il non detto, è la stessa cosa come il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. L’uno ci presenta agli altri, l’altro ci consegna alla verità. Il bianco e il nero, il presente e il passato. 

Nel romanzo L’albatro di Simona Lo Iacono si sente il fuoco di un travaglio intimo: accendere la fiamma del ricordo per non spegnere l’attimo della vita. Giuseppe Tomasi di Lampedusa intrattiene i giorni da ammalato con il ricordo dell’infanzia. Da bambino solitario, e figlio unico di una nobile famiglia siciliana, si ritrova accanto ad Antonno, un coetaneo che dell’esistenza ha già le idee molto chiare. È un albatro, un fedelissimo, e come l’uccello marino protegge con le sue grandi ali il proprio capitano. Ecco, Antonno l’albatro del principe di Lampedusa. Tutto sa, a modo suo, al rovescio. Sa leggere negli occhi di chi tace, capiva quello che non veniva detto, sentiva quello che veniva taciuto. Poi come il ragazzino è apparso, sparisce. E Giuseppe Tomasi di Lampedusa lo ricorda e lo sogna spesso affidandosi non solo alla notte, ma anche ad un diario che scrive per alleggerire le giornate, la sofferenza, il passato. Il peso dei ricordi. 

Asciutto, gentile, lo stile della scrittrice che proietta il lettore su due piani temporali distinti: l’età dell’infanzia e quella della fine di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Palermo e Roma, due esistenze che abitano negli stessi occhi, di sognatore.

Autore: Simona Lo Iacono

Libro: L’albatro

Editore: Neri Pozza

Pagine: 222

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario per Mille e un libro Scrittori in Tv di e con Gigi Marzullo Rai Cultura. Giornalista, recensore professionista.