Reagan: Un’eredità a quarant’anni dalla presidenza

Reagan: Un’eredità a quarant’anni dalla presidenza

Quaranta anni dopo la sua elezione, l’eredità di Ronald Reagan, un colosso della storia americana, continua a suscitare dibattito. Dalla sua carriera di radiocronista sportivo e attore di Hollywood, passando per il suo ruolo alla General Electric e i due mandati come governatore della California, fino al trionfo elettorale del 1980, il percorso di Reagan è stato tutt’altro che ordinario. Molti si interrogano ancora su come un interprete di film di discreto successo sia riuscito a conquistare il ruolo più importante al mondo: leader del mondo libero. L’analogia con l’attuale scenario politico, e le similitudini con la figura di Donald Trump, non sfuggono all’osservazione. Già nel 1980, la vittoria di Reagan suscitò preoccupazione in Europa, come dimostrano le testate dell’epoca. L’ultimo presidente repubblicano ad ottenere il consenso europeo era stato Dwight Eisenhower. Reagan, cresciuto in una famiglia umile dell’Illinois e laureatosi all’Eureka College, non era certo un novellino in politica. Anzi, da studente fu protagonista di una protesta che portò alle dimissioni del rettore. La sua presidenza fu caratterizzata da una crescita economica senza precedenti e da una sfida decisiva all’Unione Sovietica, culminata con la caduta del Muro di Berlino e la vittoria nella Guerra Fredda senza ricorrere alle armi. Il suo discorso a sostegno di Barry Goldwater, definito da Antonio Martino come la prima enunciazione chiara e convincente dei principi del conservatorismo, rivelò le sue indiscusse doti oratorie. Secondo Furio Colombo, che lo conobbe a Berkeley, Reagan era estroverso e carismatico, ma soprattutto l’artefice di una svolta a destra nell’economia americana, caratterizzata da tagli drastici in settori chiave come università, scuole pubbliche e sanità. Al momento della sua elezione, la situazione internazionale era critica, con il comunismo in ascesa in diverse aree del mondo. Reagan, però, riuscì a sovvertire questo trend. Pur considerato dalla stampa mainstream (soprattutto quella della costa Est) un pericoloso e incompetente guerrafondaio, o un ignorante razzista, Reagan, con la sua strategia di comunicazione anticipata (1032 interventi radiofonici tra il 1975 e il 1979), riuscì a porre temi cruciali all’attenzione dell’opinione pubblica, come la riduzione delle tasse, il ritorno ai principi dei Padri Fondatori, la lotta all’inflazione e la visione di una Guerra Fredda con un chiaro vincitore. Oggi, a quarant’anni di distanza, l’eredità della sua “Reaganomics” rimane incisa nella storia socio-economica americana, un fatto innegabile persino per gli stessi cittadini americani, che lo considerano tra i presidenti più influenti del paese. Nel confronto con le campagne elettorali di Biden e Trump, l’era di internet aggiunge una nuova complessità; l’auspicio è che il prossimo presidente, a prescindere dalla sua appartenenza politica, riesca a dare una svolta, soprattutto alla politica interna, particolarmente provata dall’amministrazione Trump.