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Biden VS Trump: a 40 anni dall’elezione di Ronald Regan: “il conservatore della svolta” 1980-1988

A 40 anni dall’elezione a presidente degli Stati Uniti, il ricordo di uno dei più rimpianti inquilini della Casa Bianca, un gigante della storia americana che ha caratterizzato un’epoca. Dagli esordi come radiocronista sportivo agli anni di Hollywood (attore e sindacalista), dal lavoro come uomo-immagine della General Electric ai due mandati come governatore della California. Dai tentativi falliti di conquistare la Casa Bianca al trionfo del 1980.

Nel nostro paese Ronald Reagan resta sempre un “attore” prestato alla politica. In molti continuano a stupirsi che, dopo una cinquantina di film mediocri, gli fosse andato bene il provino per la parte più importante: leader del mondo libero. E’ difficile dar torto ai trumpiani d’Italia, quando ricordano che ciò che si dice, nell’opinione pubblica colta, del loro paladino non è poi tanto diverso da quel che si pensava del quarantesimo presidente degli Stati Uniti. “Inquietudine nel mondo per la vittoria di Reagan”, titolava l’Unità. Del resto, se gli europei votassero per la Casa Bianca l’ultimo Presidente repubblicano sarebbe stato Dwight Eisenhower. Quando, il 4 novembre 1980, vinse le elezioni contro Jimmy Carter, Ronald Reagan non era un apprendista della politica. Nato in una famiglia di mezzi molto modesti in Illinois, “Dutch” aveva studiato all’Eureka College, piccola università fondata da un gruppo di protestanti abolizionisti un secolo prima. Quand’era ancora una matricola, divenne per caso il leader di una protesta studentesca che culminò con le dimissioni del rettore, il quale per la verità cercava solo, probabilmente con più buon senso dei suoi studenti, di ridurre il numero dei corsi per far quadrare il bilancio. 

Gli anni della sua presidenza sono stati caratterizzati da una crescita economica record e dalla sfida con l’Unione Sovietica che portò al crollo del Muro di Berlino, alla vittoria nella Guerra Fredda ottenuta senza sparare un colpo.

Il suo primo, celeberrimo, discorso politico, The Speech per antonomasia, in appoggio al candidato repubblicano Barry Goldwater, è commentato così dall’economista ed ex ministro Antonio Martino: “Per la prima volta qualcuno enunciava i principi di governo di un conservatore in modo chiaro e convincente”. Il candidato Reagan si mostra subito affabile e dotato di grandi doti oratorie. Il giornalista Furio Colombo, che negli anni ’60 insegnava a Berkeley e lo ha frequentato spesso, lo ricorda “estroverso, simpatico, accogliente”. Sul piano politico, afferma Colombo, “Reagan è stato l’uomo che ha fatto compiere la prima grande brusca svolta a destra agli Stati Uniti. Qui destra è destra economica, tagli, tagli alle Università, alle scuole pubbliche, tagli gravissimi alla sanità”. Quando batte Carter, la situazione internazionale è drammatica. “Il comunismo trionfava nel mondo: in Russia, in Asia, in Africa. In Europa stavano costruendo il cosiddetto eurocomunismo, qualcosa di un po’ diverso dalla democrazia occidentale classica. In quel momento sembrava che ci fosse la vittoria del comunismo”. Ma Reagan ribalta tutto. La stampa mainstream (specie i grandi media della costa Est) lo considera un guerrafondaio pericoloso e pasticcione, un razzista ignorante. “Quello che scrive il New York Times”, sostiene il saggista Mauro della Porta Raffo, “da noi è legge, mentre in effetti il New York Times al di là di New York non lo legge nessuno. Reagan tenne 1.032 interventi radiofonici fra il 1975 e il 1979: anticipando i temi che saranno cruciali nella campagna elettorale del 1980. La riduzione delle imposte, il ritorno ai princìpi dei Padri fondatori, la lotta all’inflazione, l’idea che la Guerra Fredda debba finire con un vincitore. 

Tuttavia se si chiede all’americano medio chi è il presidente degli Stati Uniti che ha lasciato un segno indelebbile nella stori degli Stati Uniti: Bill clinton, John Kennedy ecc… e bene no i cittadinoi americani risponderebbero Ronald Regan che con la sua Reganomics diede una sterzata epocale economica e sociologica al Paese a stelle e strisce. Quarant’anni dopo Biden e Trump sembrano dei dilettanti nell’era di internet rivedendo le loro campagne elettorali pertanto staremo a vedere che vinca il candidato democratico o quello repubblicano l’America può solo sperare che uno dei due possa dare una svolta sopratutto nella politica internaforse quella più martoriata dal candidato uscente Donald Trump.

Armando Biccari

Mi chiamo Armando Biccari ho origini pugliesi sono un giornalista ho lavorato e lavoro lavoro per diverse Testate giornalistiche online e Carta Stampata, e Radio TV ho vissuto in diverse città Italiane Genova, Venezia, Prato Macerata. Tra le mie passioni ci sono oltre al Cinema la comunicazione musicale Sociologia dei New Media Audiovisivi Televisione, e la comunicazione scientifica e tutto il resto...