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“Il tocco del piccolo angelo” di Fiorenza Pistocchi

Perdersi è facile, non riconoscersi anche. Succedono delle cose nella vita che ti cambiano, che hanno il sopravvento. Sono così devastanti, improvvise, spiazzanti, che ti lasciano senza fiato. Se la forza ti verrà meno sprofonderai nel buio. Sei fragile, piuma. Pensi anche che la vita ti abbia girato le spalle, allora decidi di fotterla prendendo strade sbagliate. Di quelle che ti segnano e ti fanno cadere ancora più in basso. Vivi nella melma, ne sei ricoperto. All’inizio, arranchi con le difficoltà di una nuova esistenza sempre più precaria. Poi, non sopporti il puzzo della tua stessa vita che si sfalda senza rimedio. E in quel fango senti il tocco di un alito di diversità che ti incita a risalire la china. Quando comprendi appieno dove sei andato a finire per delle scelte opinabili in tutto, ti attacchi a quel respiro per drizzarti. Ti rimetti in piedi e se hai dovuto fare i conti con la giustizia pagando per le tue colpe saprai fiutare i pericoli stando lontano dai guai. Ed i guai hanno un nome e un cognome, un codice, un’avvertenza. Ignorarli o finirci dentro pensando di migliorare, o peggio ancora, di sfuggire alla nostra vita è un errore inammissibile.

In Il tocco del piccolo angelo di Fiorenza Pistocchi sei quasi sospeso in una dimensione sovrannaturale, delle premonizioni, che aggancia la realtà. Avverti il tocco leggero, ma deciso della mano che è lì per tirarti fuori dal buio. Siamo a Lambrate, alla periferia di Milano. Una donna viene rinvenuta priva di vita sotto il viadotto della tangenziale. Scattano le indagini. Il commissario Perego non lascia nulla al caso e quando si imbatte nella giovane Linette comprende quale sia il vero filo da seguire. In tutto.

Lineare e pulita la prosa. La narrazione scorre con il vento a poppa. I colpi di scena sono sganciati nei punti giusti e il lettore non sente mai l’aridità delle pagine. Fertile e ben riuscito il romanzo.

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