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Waveful, un nuovo social che non è solo un network

In quest’epoca di digitali speranze e multimediali illusioni, mi tornano spesso alla mente le parole dell’inimitabile maestro Umberto Eco: “I social network danno diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività”. E a pensarci bene, non aveva affatto torto. L’avvento di questo tipo di piattaforme virtuali, in particolare di Facebook e Instagram, ha fornito un’inviolabile opportunità a quelli che di solito aprono bocca soltanto per dar aria alle gengive di continuare ad esprimersi e a diffondere senza ovvie ragioni quell’infinità di castronerie che passa loro per la testa, contribuendo, di fatto, ad un inesorabile incremento dell’analfabetismo funzionale del genere umano.

Specialmente negli ultimi anni, infatti, la rete si è trasformata in un luogo di ritrovo perfetto per tutti quegli individui di ogni specie o fattezza disposti a dire e a fare qualunque cosa pur di apparire e farsi ammirare. Conta poco se ciò che viene mostrato non corrisponde alla realtà, il che è vero nella stragrande maggioranza dei casi, oppure se quello che si dice può danneggiare altri utenti, una circostanza che il più delle volte accade. Ad avere importanza sono solamente i numeri, presunti tali o effettivi che siano, onestamente guadagnati o “truffaldinamente”comprati che si possano ritenere. Basti pensare alla miriade di “influenZer” senza arte né parte, continuamente alle prese con questioni che vanno ben oltre la loro portata, che per racimolare due centesimi si riducono a sponsorizzare persino la malaria. O magari ai figli d’arte, che ingenuamente pensano di poter ricevere per via diretta anche solo un briciolo del talento dei propri “illustri” natali quando, in verità, possono permettersi di ereditare giusto un cognome. E perché no, ai tanti profili dotati di spunte blu, la maggior parte delle quali saranno state acquistate visto che compaiono sulle pagine di chi, altrimenti, non verrebbe riconosciuto nemmeno dalla madre che lo ha partorito. Fortunatamente, però, “non si può far di tutt’erba un fascio” e non ogni male vien per nuocere. Sarà per questo motivo che la scorsa settimana ho deciso di iscrivermi a Waveful, un nuovo portale creato circa un anno fa (nonostante stia prendendo piede ora) dai fratelli Dennis e Steven Motta che potrebbe rivelarsi un’ottima alternativa, completamente italiana, alle app di Mark Zuckerberg. A differenza di quest’ultime, difatti, qui ognuno ha la possibilità di poter dar sfogo alla propria creatività e i contenuti che vengono pubblicati sono adeguatamente ricompensati. Per carità, nessuno diventerà milionario, ma perlomeno qualcosa gli viene riconosciuto: la dignità! Ad ogni modo, per far sì che questo avvenga, è necessario diventare “creators”, funzionalità che permette, grazie al raggiungimento di un tetto minimo di visualizzazioni e non di “mi piace”, di dar vita a delle vere e proprie community. Tsunami, così si chiamano, e non sono altro che gruppi in cui chiunque, a seconda delle tematiche che vi vengono dedicate, può condividere qualcosa. Ce ne sono davvero di tutti i tipi e di tutte le salse. C’è il primo fan club di Tina Cipollari, ad esempio, sebbene lei non sia ancora sbarcata sul sito. Gossip&Tv, per gli amanti dello spetteguless e della cronaca leggera. Pollice Verde, per chi ha una passione per la natura e il giardinaggio. MyMovies, interamente incentrato sul cinema. Musica che passione, per i buoni intenditori. E chi più ne ha, più ne metta. In più, la privacy viene totalmente rispettata, nessuno al di fuori del proprio account può vedere i “like” lasciati, i gruppi di cui si fa parte e le persone che si seguono. In altre parole, nessuno può farsi gli affaracci degli altri!

Insomma, una buona chance per restare sempre sulla cresta dell’onda. E poi, sarà che io amo il Made In Italy, perciò delle americanate non ne posso proprio più. E voi, che aspettate a raggiungermi?

https://invites.waveful.app/1aaX

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