Un Viaggio Tra Memoria e Inquisizione: Analisi di “Per Mare e Per Terra” di Mitchell J. Kaplan

Talvolta, ciò che teniamo celato, per vergogna o per sottrarci a ricordi dolorosi, riemerge in superficie come un pianto improvviso. Crediamo di controllare ciò che seppelliamo nel nostro inconscio, ma ritorna inaspettato, senza che lo abbiamo evocato. Quando questo accade, ricacciarlo indietro è un’impresa ardua. Quell’illusione di controllo, invece, dovrebbe essere assunta come una responsabilità, trasformando il passato in qualcosa di nuovo. Affrontare il nostro passato, riannodando i fili di ciò che è rimasto incompiuto, è un dovere per ritrovare l’equilibrio perduto tra mille pensieri. Dare voce ai nostri ricordi non è un oltraggio se sono radicati in sentimenti autentici e in un’esperienza vissuta, anche se hanno segnato profondamente la nostra vita. In “Per Mare e Per Terra” di Mitchell J. Kaplan, ci immergiamo in una storia intessuta di fede, violenza e amore. Siamo nella Spagna del 1481, nel cuore della buia Inquisizione. La penisola iberica è teatro di una spietata persecuzione contro ebrei e conversos, cattolici di origine ebraica. La violenza è estrema e indiscriminata: un semplice sospetto, anche infondato, basta per essere accusati, condannati a morte. Un potente cancelliere della corte spagnola, uomo ricco e influente, cela con ansia le sue origini di converso. In suo possesso, misteriosi testi ebraici lo condurranno a una scelta definitiva. Questo romanzo storico è intenso, coinvolgente, dalla scrittura fluida, raffinata e gradevole. Il lettore si immerge spontaneamente nella vita dei personaggi, immedesimandosi in loro con profonda partecipazione.