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Marina Occhionero, il colore giovanile di una passione artistica improvvisa | INTERVISTA

Si può pensare a un teatro come un ufficio? Idealmente sì. E ce lo ricorda in maniera originale Marina Occhionero, la giovane stella di “Studio Battaglia”, la fiction di Rai 1 andata in onda con successo nelle scorse settimane. Intercettata telefonicamente mentre si dirigeva a Milano per impegni di lavoro, l’attrice di Asti ci ha svelato il mondo che circonda la sua perfetta epifania professionale: lo spettacolo.

Infatti abbiamo scoperto sin da subito come la passione per il teatro sia nata per puro caso, da quella “pulce nell’orecchio” messa da amici che gli ha dipinto man mano uno scenario lontano dal suo Piemonte, verso strade nazionali e internazionali. Da quella Milano incontrata per studiare filosofia alla fuga di Roma per studiare nell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvia D’Amico fin sù, oltralpe, per stage europei a Berlino e il diploma al Conservatoire National Supérieur d’Art Dramatique di Parigi: la strada di casa diventa un miraggio, quasi, per Marina, che ripercorrerà in maniera assidua durante il periodo pandemico. “Son ritornata dai miei genitori con i quali ho un rapporto meraviglioso nonostante i limiti geografici, dedicandomi pure alla nostra azienda agricola di famiglia”: un confinamento evasivo fra la natura e la famiglia vissuto con estrema tranquillità e fiducia, in attesa che la tempesta passasse.

Ph Luca Reggiani

E i risultati di questo zen psicologico è stato proficuo, dal momento che l’attrice 28enne ha ripreso tournéé nazionali con la sua compagnia e a collaborare in produzioni cinematografiche e televisive molto importanti dal punto di vista artistico e di cast. Basti pensare agli incontri con Luca Argentero in “Doc”, Lady Gaga in “House of Gucci” , Fabrizio Bentivoglio in “Monterossi” e infine Massimo Ghini e Lunetta Savino in “Studio Battaglia”, dai quali si è potuto “rubare e osservare” ogni piccolo dettaglio in una veste definita da lei “investigativa”. “Cercavo di rimanere anche oltre le scene – ci confida Marina Occhionero – per capire la gestione delicata e fragile delle energie emotive anche nei momenti di pausa”. Infatti quell’elemento in un certo verso destabilizzante agli occhi della concentrazione è stato un trend topic importante nel bloc notes vitale dell’attrice, da diventare fulcro per captare la propria anima sociale e l’atmosfera in un set, pullulo di giudici goliardicamente intransigenti. “La troupè è il pubblico più difficile e ambito da conquistare, i più severi di tutti perché svolgono un compito fondamentale per la realizzazione del prodotto”. Una differenza molto più marcata rispetto al pubblico di sala in un teatro, dove si richiede una capacità recitativa chiaramente più istantanea e umorale rispetto a quell’elasticità estemporanea provocata dalla successione casuale delle scene da girare: “ti puoi ritrovare a girare la scena madre con il tuo amante dopo averlo conosciuto da nemmeno 10 minuti”, ricorda con leggerezza l’artista piemontese, sempre dal piglio leggero ma decisamente ostinato di chi vuol prendersi il mondo a piccoli passi su un tappeto volante ma in maniera ostinata e seria di chi guida un transatlantico. Quasi come la Viola in “Studio Battaglia”: “in lei mi rispecchio sul modo di fare, nel tentativo di stare sopra le cose, volarci con leggerezza. Davanti le scelte in un certo senso sono simile, senza troppi rancori ma con la volontà di esprimere sé stessi per quello che si è“.

Un attestato umano – e di umanità – molto coerente e preciso, capace di dar forma metaforicamente a una casa professionale color arcobaleno, con mattoncini esperienziali di vari colori che contribuiscano a creare un’identità artistica variegata e con un tetto trasparente per scoprire ogni giorno un nuovo mondo!

Ph. Matteo Graia



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