La Follia dei Tulipani: un’analisi di “Il Mercante di Tulipani” di Olivier Bleys

L’ambizione sfrenata offusca il giudizio, corrodendo la bellezza in nome di un egoistico desiderio di dominio. Il tornaconto personale, per alcuni, prevale su ogni forma di altruismo, e la gioia collettiva viene sacrificata sull’altare del successo individuale, alimentando un’arrogante presunzione di indispensabilità. In questo scenario, le amicizie si rivelano fragili legami di convenienza, strumenti per manipolare e sfruttare gli altri. L’avidità, inoltre, impoverisce lo spirito, deturpando ogni cosa e rendendo vano ogni tentativo di recuperare la dignità perduta nel vano inseguimento di ricchezze illusorie. Il prezzo da pagare per tale cupidigia è sempre eccessivo, persino per chi lo persegue. “Il Mercante di Tulipani” di Olivier Bleys segue le vicende di una famiglia che, bramando ricchezza, precipita nella rovina a causa di un fiore. La bellezza del tulipano, una volta sbocciato, è ineguagliabile, ma il bulbo, prima della fioritura, somiglia ad una semplice cipolla. Nel 1635 in Olanda, pochi intuiscono il potenziale economico dei tulipani. Coltivare questi fiori significa ricchezza, ma richiede scaltrezza, esperienza e, soprattutto, avidità. Il figlio maggiore della famiglia Van Deruick impara questa dura lezione a sue spese, senza scrupoli né riguardo per gli altri. Il romanzo è avvincente e la prosa scorrevole, priva di difetti. La narrazione mantiene sempre un ritmo incalzante, anche nei momenti di apparente quiete emotiva.