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“Tutto chiede salvezza”: Un’analisi approfondita del disagio mentale nella nuova serie Netflix

La superficialità con cui la società affronta le malattie mentali, spesso definite “invisibili”, è un tema centrale in “Tutto chiede salvezza”, il romanzo di Daniele Mencarelli, vincitore del Premio Strega 2020, ora adattato in una serie televisiva Netflix, disponibile dal 14 ottobre. La trasposizione, frutto della collaborazione tra Roberto Sessa di Picomedia e il regista Francesco Bruni, abbraccia la struttura narrativa originale, narrando i sette giorni di ricovero in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) del protagonista, Daniele Cenni. La serie offre uno sguardo intimo e autentico su un ambiente spesso stigmatizzato, rivelando la ricchezza umana e la complessità emotiva che spesso si nascondono dietro le mura di un ospedale psichiatrico. Come sottolinea Mencarelli, vi è una “profonda mancanza di comprensione verso la vulnerabilità”, e il TSO rappresenta un confine invisibile tra la “normalità” e il disagio mentale. Le dichiarazioni forti rilasciate durante la conferenza stampa dell’11 ottobre mettono in luce l’importanza di guardare all’inconscio con una prospettiva priva di pregiudizi, enfatizzando l’autenticità come elemento chiave del successo della serie. Federico Cesari, interprete di Daniele, descrive il suo percorso artistico come “traumatico, ma al tempo stesso bellissimo e catartico”, sottolineando l’intensità del suo impegno nel rappresentare le ansie e la rabbia del protagonista. L’attore, già noto per il ruolo di Martino in “Skam Italia”, ha instaurato un profondo dialogo con Mencarelli, approfondendo gli aspetti più intimi e personali del personaggio. Questa ricerca di autenticità si riflette nelle interpretazioni di tutto il cast: Ricky Memphis, nei panni del ruvido infermiere Pinone, cattura la crudezza dell’ambiente ospedaliero; Raffaella Lebboroni, ispirandosi ai metodi basagliani, offre una rappresentazione “materna” della dottoressa Cimaroli; Lorenzo Renzi, nei panni di Giorgio, un trentenne che incarna “l’immediatezza del dolore” e “l’apoteosi della semplicità”; e Fotini Peluso, che interpreta l’influencer Nina, contribuiscono a costruire un ritratto multisfaccettato del disagio mentale. Pur puntando al realismo e a un linguaggio che evita l’indulgenza nei confronti del TSO, la serie si impegna a distinguere tra una condizione clinica e le sfide della sensibilità umana, particolarmente aggravate dalla pandemia di COVID-19. Mencarelli osserva che “la pandemia è stata una sveglia per guardare dentro noi stessi”, sottolineando la necessità di una risposta collettiva al disagio mentale. In definitiva, “Tutto chiede salvezza” è un racconto di formazione che esplora la scoperta della bellezza della vita e del valore dell’amicizia in un contesto inaspettato, mostrando come la sofferenza possa trasformarsi in un’opportunità di crescita personale.

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