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“I cacciatori del cielo”, il racconto eroico dei nostri ‘angeli’ custodi| RECENSIONE

Un volo lungo un secolo: per celebrare il Centenario dell’Aeronautica Militare, verrà trasmesso mercoledì 29 marzo alle 21.30 su Rai1I cacciatori del cielo, primo docu-film sulle imprese eroiche e umane di quei pionieri del volo durante la Prima Guerra Mondiale, che gettarono le basi per la nascita dell’Arma, avvenuta il 28 marzo 1923. Tra i “cacciatori”, ne emerge a gran forza uno in particolare, Francesco Baracca, interpretato da un appassionante Beppe Fiorello, che ne divenne un mito tutt’ora inarrivabile nell’Arma dell’aviazione nazionale.

“I Cacciatori del cielo”, la nostra recensione

“Mi chiamo Francesco Baracca. Sono un pilota del Regio Esercito. Prima di diventare aviatore ero al Piemonte Cavalleria. L’aviazione era ancora ai suoi albori, in pochissimi si avventuravano nei cieli… Un giorno assistetti a uno di quei primissimi voli e fu subito una folgorazione! Vedere quell’aereo che si librava nel cielo, vederlo entrare e scomparire tra le nuvole… Capii immediatamente che l’aviazione sarebbe stato il futuro e io volevo farne parte. Poi, il 24 maggio 1915, tutto cambiò”. Si presenta così Francesco Baracca, dalla fantasiosa stanza dove il famoso aviatore riavvolge il nastro sulla propria esistenza, creando una quarta parete immaginaria sempre più in voga sul piccolo schermo. Come lui faranno a tratti anche gli altri protagonisti della storia, in un mosaico di vicende umane oltre al coraggio professionale che colpirà il cuore di ogni singolo spettatore.

Ph: Nicola Oleotto

Vedremo così Luciano Scarpa raccontare il suo ruolo di Comandante Pier Ruggero Piccio, anch’esso asso della Grande Guerra e in seguito primo Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare; Claudia Vismara, che dà il volto a Norina Cristofoli, giovane cantante lirica di Udine, bella, timida e allo stesso tempo determinata, che vivrà un’intensa seppur breve storia d’amore con Francesco; e Andrea Bosca, che interpreta il personaggio di finzione Bartolomeo Piovesan, meccanico di umili origini addetto alla manutenzione dell’aereo di Baracca e geniale ideatore di fondamentali migliorie nelle prestazioni di volo dei rudimentali velivoli della compagnia. Persone reali, ancor prima che personaggi narrativi, capaci di restituire nelle canoniche 2 ore un’immagine ancor più intima della Prima Guerra Mondiale, fra il campo di Santa Caterina e quello di Quinto dopo la disfatta di Caporetto, dove i sogni di gloria si trasformarono in successo o gloria eterna.

Emblematica, in tal senso, l’ascesa di Francesco Baracca, che per i suoi meriti pionieristici ricevette gradi militari in breve tempo, fino al comando della 91Squadriglia, la cosiddetta “Squadriglia degli assi”, dove lui veleggiava come “l’Asso degli assi”, grazie al maggior numero di vittorie aeree raggiunte tra i piloti italiani (34). All’ombra dei suoi trionfi e dei suoi timori, le strade dignitose di Piovesan, capace di ingraziarsi le attenzioni del tenente con la sua umiltà e la sua spiccata dote meccanica sugli aerei oltre gli studi, e Norina, divenuta una delle voci liriche più apprezzate in Europa. Insomma un biopic collettivo, come del resto chiarisce il titolo, che non subisce il peso dell’eroe Francesco Baracca, ma anzi lo rende il motore di tutti gli accadimenti, come gli stessi combattimenti aerei , rappresentati con l’innovativo cartoon d’azione che, seppur susciti un leggero straniamento nei cinofili (ai limiti della scelta low cost rispetto agli effetti speciali), apre la via alla tripartizione di genere.

“I cacciatori del cielo”, parola ai protagonisti

Un omaggio doveroso, per ricordarci chi siamo: apre così la conferenza il direttore di Rai Documentari Fabrizio Zappi, fiero di essere portavoce di un “prodotto coinvolgente da ogni punto di vista“. Non si sprecano infatti gli elogi alla scrittura efficace di Pietro Calderoni e Valter Lupo, così come alla straordinarietà del cast e alla modernità della regia, abile ad amalgamare più stili e ad attualizzare sentimenti passati. La “carne e lo spirito oltre le divise”, in termini più romanzati, che vengono omaggiati anche dalle case di produzione de “I cacciatori del cielo” Anele e Luce Cinecittà, con un occhio sempre più rivolto alle sfide del futuro nell’ambito documentaristico (e alle sacrosante risorse che ne dovrebbero conseguire). A frenare questo flusso di omaggi e dovuti richiami al Centenario dell’Arma, grazie anche alla presenza del Capo di stato maggiore Luca Goretti, arriva l’intramontabile Beppe Fiorello, come sempre collocato al posto giusto nel momento giusto.

“Ammetto di aver scoperto questo personaggio grazie a Mario – il regista (ndr) – perché lo conoscevo poco. E questo è l’elemento che mi fa stare qui: la curiosità, la voglia di far conoscere allo spettatore quello che si conosce poco e credo sia fondamentale per chi svolga il mio mestiere. Noi infatti veicoliamo storie che, a maggior ragione quando sono poco note al pubblico , diventano ancora più affascinanti per noi“. Un encomio alla curiosità e alla storia, portatrice di momenti pionieristici che hanno ripercussioni sul nostro presente: “lui, come gli altri compagni, aveva già uno sguardo lontano dal punto di vista tecnologico: vedeva ciò che c’è adesso”. Oltre però al lavoro, l’inevitabile rintocco emotivo che fa battere il cuore dell’attore siciliano, in particolare durante una scena: “l’incupimento di Francesco quando gli venivano ricordati con entusiasmo i suoi abbattimenti” perché palesava “il paradosso di andare in guerra e non abbattere il nemico, semmai soltanto il simbolo”. Insomma quel Baracca inedito, umano, favorito da quella verve romanzata della fiction che, a detta dell’attore siciliano, riesce sempre a migliorare una realtà talvolta più brutta.

A esaltarne questa dinamica, lo stesso Andrea Bosca che, dall’alto del suo personaggio fantasioso, riesce a captarne i principi coerenti con la storia: “in lui emerge la passione e la condivisione degli intenti che generano amicizie inossidabili e una crescita interiore”. Azioni universali, o nazionalpopolari che coincide all’inizio con l’estrazione sociale simile dalle campagne (da quelle romanzate venete a quelle piemontesi dell’attore) e abbracciano poi i colori della propria nazione, difesa strenuamente da tutti i cittadini fino alla morte.

Ph: Nicola Oleotto

La linea sentimentale de “I cacciatori del cielo”, viene esaltata da Claudia Vismara, che definisce la storia con Baracca “tenera e atipica, oltre che delicata rispetto allo sfondo della guerra”. Proprio col suo personaggio, l’Asso ha fatto uscire quel nascosto sentimento di paura e quei conseguenti tormenti e incertezze che gli fan gridare il fastidio di una famiglia nonostante l’amore autentico.


Quel concetto di famiglia rimarrà legato, anche a causa della prematura scomparsa, soltanto alla sua Squadriglia, visibile ancora oggi nei sorrisi degli aviatori a Pratica di Mare, dal quale volle ripartire proprio Mario Vitale. Fratellanza e cameratismo, insomma trasposti sotto il segno dei cosiddetti “buoni sentimenti” che il giovane regista ha sottolineato per tutta la durata del docu-film animato, a discapito della crudeltà della guerra. Non a caso la violenza è stata veicolata dalle animazioni definite di “qualità superiore” di Lelio Bonaccorso, “restituendo una chiave di lettura in più”.

Insomma l’Arma dell’Aeronautica può dormire sonni tranquilli, come facciamo noi da quando esistono: la sua eccellenza è stata preservata e finalmente messa in luce pure a livello televisivo con un prodotto di altissima fattura e con un protagonista come Beppe Fiorello che continua ad essere la punta di diamante del servizio pubblico (e delle nostre pagine di storia).

Luca Fortunato

Nato con la 'penna' all'ombra del Colosseo, sono giornalista pubblicista nell'OdG del Lazio. Accanto alle cronache del mio Municipio con il magazine La Quarta, alterno le mie passioni per la musica e il calcio, scrivendo per alcune testate online (M Social Magazine e SuperNews), senza dimenticare il mio habitat universitario. Lì ho conseguito una laurea triennale in Comunicazione a La Sapienza e scrivo per il mensile Universitario Roma. Frase preferita? "Scrivere è un ozio affaccendato" (Goethe).