“Bosco dei platani” di Domenico Corna | RECENSIONE
Il dolore ti isola. Sei tu e la sofferenza. Il resto arriva ovattato, lontano. In quei momenti lì vorresti dare maggiore forza ai sogni, il più grande è quello di uscire fuori come nuovo. Riduci la vita ad una intima visione dell’esistenza, a quella importante, essenziale. Ti ascolti. Sembra una cosa da niente, una banalità, ma riuscirci non è facile. Bisogna svelarsi, essere sinceri. Questo comporta una fatica psicologica. Mettere a tacere il contorno, inconsistente, e ascoltarsi significa aprirsi a ciò che ci fa stare bene. La natura è un buon punto d’inizio. Soffia sensazioni positive alle quali ci si aggrappa quando molte cose appaiono sfocate. La natura è un approdo sicuro, un luogo fatto di pause. Si può insinuare la paura, ma le voci che si fanno sentire dai boschi colmano ogni ansia. È necessario avere un animo predisposto al silenzio, all’ascolto, per cogliere le sfumature. I sussurri della natura non vanno dispersi quando diventano scoperta. In quegli instanti l’immaginazione si fa punto di forza, addirittura coraggio, perché ci si lascia andare ad una serenità che smorza alcuni problemi. Dal dolore nascono tante altre cose che possono essere meravigliose se incanalate nella giusta via. Conoscersi equivale a conoscere meglio ciò che abbiamo attorno così come ascoltarsi è importante per superare gli intoppi della vita.
In Bosco di platani di Domenico Corna entri in una dimensione particolare, favolistica, che porta ad una conoscenza di sè e della vita in generale. L’accesso implica la capacità di gestire alcune emozioni. Sarai solo, con te stesso, e sarai diverso. Tutto cambia, finanche la prospettiva di vita, delle sensazioni. Stare al mondo, a volte, vuol dire passare dalle favole per comprendere l’essenza di ciò che, veramente, fa la differenza.
Il romanzo è intimistico. La prosa è pulita e porta alla riflessione. La narrazione scompiglia l’animo per i messaggi lasciati su carta.