Un’anima disordinata: riflessioni sulla raccolta poetica di Francesco De Mitri

L’espressione artistica, talvolta, si serve della metrica per veicolare emozioni profonde. Definire la poesia è un’impresa ardua, un’esperienza soggettiva, priva di un’unica interpretazione. La sua accezione varia a seconda della sensibilità del lettore. Alcuni potrebbero trovarla ostica, respingendola; altri, invece, ne apprezzeranno la complessità. La brevità dei versi, ricca di molteplici significati, può disorientare; al contrario, una sovrabbondanza di rime, lungi dal confondere, potrebbe illuminare ciò che appare nebuloso. I poeti scrutano nell’intimo della propria essenza, rischiando di soccombere al tormento interiore. La poesia è rivoluzione, un’ostinata adesione all’idea di meraviglia. La bellezza, infatti, non esiste senza sofferenza, e le parole fungono da specchio per chi desidera osservare e immergersi in questa realtà. Si può concepire la poesia come un dedalo, un percorso inesplorato che conduce a una o più risposte; oppure come una rivelazione. Può piacere o meno, ma indubitabilmente esiste. Alcuni la percepiscono come una delizia sensoriale, altri come un’illusione. Ma per tutti, rimane poesia, semplicemente poesia. Il poeta non anela al consenso, all’approvazione. Egli sa che la sua opera sarà inafferrabile, rivelandosi solo a chi cerca conforto nel proprio turbamento. La poesia crea significati che spesso permangono nella memoria. In “Mente spettinata”, Francesco De Mitri esplora diversi temi esistenziali. La vita, in definitiva, è una tavolozza da cui attingere l’ispirazione per la quotidianità. La poesia è una sostanza particolare, una possibile soluzione a un senso di vertigine senza causa, come le righe “spettinate” di De Mitri. Quest’opera è stimolante, offrendo al lettore un punto di partenza per nuove riflessioni. I versi sono semplici, ma la semplicità, come è noto, è un traguardo assai complesso da raggiungere.