“Guardate com’è rossa la sua bocca” è un affascinante viaggio musicale che celebra i 50 anni di carriera di Angelo Branduardi attraverso l’interpretazione unica di Fabio Cinti e Alessandro Russo. L’album, disponibile dal 12 gennaio 2024, si distingue per la sua raffinata fusione di linguaggi e stili, testimoniata dal singolo “Fou de love”, in rotazione radiofonica dallo stesso giorno.
Il disco abbraccia con fedeltà l’essenza originale, mettendo in luce la poesia intrinseca nella scrittura musicale e nei testi. L’impegno verso la precisione esecutiva, evocato da Cinti e Russo, richiama l’atmosfera rigorosa della musica classica, sottolineando la serietà e la dedizione investite in questo progetto.
Come è nata l’idea di realizzare questo progetto in occasione dei 50 anni di carriera di Angelo Branduardi?
In realtà non siamo partiti con l’idea di celebrare Branduardi per i suoi 50 anni di carriera, ma solo con la volontà di trattare come un classico un’opera che di fatto è un classico intergenerazionale. Durante le nostre attività, io e Alessandro Russo, abbiamo spesso suonato quelle canzoni, solo piano e voce, e ci siamo accorti che funzionavano bene, conservavano e trasmettevano emozioni anche nella loro più scarna purezza. Poi ci siamo accorti anche del cinquantennale, e allora abbiamo messo su il progetto discografico.
Angelo Branduardi ha creato un genere unico, rigenerando atmosfere fiabesche ed epiche. Come hai affrontato l’interpretazione di queste canzoni, cercando di mantenere la poetica originale?
Sono profondamente convinto che, quando si interpreta l’opera altrui bisogna mettersi al suo servizio, certo, con le proprie doti e i propri talenti, ma non usare l’opera per dimostrare qualcosa, per mettere in evidenza la propria personalità. Le canzoni vanno studiate, non solo ascoltate, e bisogna capirle intimamente per farsi un loro strumento di diffusione. Questo è stato il mio spirito: far sì che arrivassero, e che arrivino spero, le canzoni, anzitutto.
Questo progetto rappresenta un ponte tra generazioni di artisti. Come hai cercato di connettere la tua espressione artistica personale con il ricco patrimonio musicale di Angelo Branduardi?
Divido nettamente l’attività di cantautore da quella di interprete. Quando scrivo e canto le mie cose ho degli obiettivi e cerco delle strade personali e libere. Quando sono interprete invece sono cosciente di dover seguire delle regole, proprio per rispettare quel patrimonio. Non mi piacciono le cover, non credo siano mai all’altezza dell’originale. Diverso è quando si interpreta con rigore un’opera, seguendo le parti tecniche e emotive. Per fare questo bisogna chinare la testa e studiare, non avere la benché minima presunzione di poter vincere un confronto.
Nel tuo approccio all’interpretazione delle canzoni di Angelo Branduardi, hai incontrato qualche sfida particolare? E come hai superato queste sfide durante il processo creativo dell’album.
Canto queste canzoni da sempre, un po’ come mi è capitato con Battiato. L’unica sfida è stata quella di togliere l’enfasi, ma non solo per non cadere nell’imitazione e nel ridicolo, ma soprattutto per rendere l’interpretazione simile a un’esecuzione di musica classica. Questo atteggiamento, che appare semplice perché porta semplicità, è difficile da mantenere, perché è più facile scimmiottare o interpretare in modo personale.
Come hai scelto il repertorio per “GUARDATE COM’È ROSSA LA SUA BOCCA”? Ci sono canzoni che ti hanno particolarmente toccato o che senti siano particolarmente rappresentative del percorso artistico di Branduardi?
Abbiamo scelto il repertorio semplicemente mettendo sul disco le canzoni che abbiamo suonato e cantato di più, che ci piacevano di più, che erano giuste per la mia tonalità vocale, e anche che più ci divertivano. Nient’altro… L’unica regola, in questo senso, è stata quella di includere un solo brano estremamente famoso, e così abbiamo scelto “Alla fiera dell’est”. Tutte le otto scelte per me sono toccanti, per questo non abbiamo voluto aggiungere altro, emotivamente ci è sembrato sufficiente.
Infine, qual è il messaggio che speri di comunicare attraverso questo progetto?
Questo progetto fa parte del mio studio dei classici dei cantautori, spero e credo ce ne saranno altri. La mia volontà è quella di far notare che si può – e si deve – affrontare questi classici con lo stesso rispetto con cui un musicista affronta Bach, o Mozart, o Haydn… Bisogna affrancarsi dalla personalità. Questo insegna molto a chi si cimenta in un lavoro del genere e porta al pubblico queste opere in qualche modo restaurate dal loro tempo e dalle influenze estetiche e stilistiche inevitabili.