L’Audacia di Giotto: Riflessioni su un Romanzo

L’Audacia di Giotto: Riflessioni su un Romanzo

Non tutti possiedono quella tempra, quella forza interiore che chiamiamo coraggio. Spesso, la sua esistenza ci è sconosciuta finché non siamo chiamati a manifestarla. Chi ostenta audacia potrebbe in realtà cercare di persuadere se stesso, di spronarsi verso un futuro incerto. Un evento drammatico, una minaccia, può scatenare una reazione istintiva, una ribellione interiore a difesa di ciò che è precario. Coraggio e forza sono elementi intrecciati, ma distinti. Sebbene apparentemente simili, posseggono una natura propria, eppure sono inscindibili. Il coraggio può essere un’esortazione, un antidoto alla paura, un baluardo per la dignità. Può essere la scintilla che innesca la determinazione a raggiungere un obiettivo. La fragilità umana è multiforme, e un atto di coraggio può salvare da un destino infelice, da un’umiliazione, da una ferita profonda. È un appiglio, un rifugio, una fondazione su cui costruire, anche quando i mattoni tradizionali mancano. Le idee, infatti, radicano più profondamente di qualsiasi appartenenza. In “Giotto coraggio” di Paolo Casadio, assistiamo alla tenacia di un bambino, Giotto, orfano e solo a dieci anni. L’incontro con la giovane dottoressa Andrea Zanardelli, che lo accoglie nel caos bellico, rappresenta un punto di svolta. Un legame spontaneo, autentico, si instaura tra i due. Sul Lago di Garda, trovano la villa di famiglia della dottoressa, occupata dalle forze tedesche. Andrea deve superare le diffidenze del paese e dei parenti di fronte a una scelta materna non convenzionale; Giotto deve affrontare le sue paure per non soccombere e per ritrovare ciò che ha perduto. Il romanzo è un’opera straordinaria, la trama commovente, la prosa delicata e raffinata. I messaggi veicolati sono incisivi, memorabili, e il lettore non potrà dimenticare facilmente l’emozione provata.