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Le memorie silenti di Elena Rausa: una recensione

Alcune narrazioni restano sospese, incomplete, nell’attesa di una scintilla di curiosità. Altre, invece, emergono da un lungo silenzio, come un respiro affannoso dopo un’immersione prolungata. Queste storie, cariche di un’energia inespressa, anelano a trovare voce, a trasformarsi in suoni, parole, emozioni tangibili. Provenienti da un passato remoto, cercano un presente che le accolga, un rifugio sicuro. Questi racconti non giungono per caso; sono frammenti delicati, che richiedono una particolare attenzione, una sensibilità acuita. Essi necessitano di empatia, di un’accoglienza profonda, di una maturità emotiva capace di comprendere la loro fragilità. È indispensabile trattare con riguardo queste storie che rivelano il confine sottile tra il vuoto e la dura realtà. Alcuni eventi, pesanti come macigni, gravano sulle coscienze, generando un’irrefrenabile necessità di liberazione. È un bisogno quasi catartico, un tentativo di espiare le proprie colpe, di trovare finalmente pace. Lo sguardo, allora, si posa sulla persona giusta, capace di ascoltare, di custodire gelosamente queste confessioni per impedirne la dispersione. Prima di tutto, è necessario un perdono interiore, un atto di ammenda per ciò che il passato ha imposto al silenzio. Solo allora, ci si potrà affidare agli altri. A volte, confrontarsi con la tempesta, sfidare apertamente il proprio dolore, può essere liberatorio, un potente strumento per emergere dall’oscurità e mostrarsi al mondo. In “Le invisibili” di Elena Rausa, facciamo conoscenza con Vittorio Gargano, un camionista del Regio Esercito che, nel 1937, vive in Africa. La rappresaglia per l’attentato al viceré d’Etiopia si rivela un’apocalisse di violenza: soldati e civili italiani si macchiano di omicidi, stupri e incendi. La storia prosegue, e Arturo Gargano, figlio di Vittorio, settantenne ormai, narra al sedicenne Tobia le vicende africane che diedero origine a tutto. Egli disvela un’eredità di dolore, colpa, nostalgia e vergogna, tramandata attraverso generazioni. Il passato coloniale italiano viene svelato attraverso le storie private di due famiglie, portando alla luce verità a lungo sepolte. Il romanzo è straordinario. La trama, tessuta di separazioni, perdite, infanzie negate e sensi di colpa, si basa su una solida struttura narrativa. La scrittura è impeccabile, elegante e coinvolgente.

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