Sopravvivere alla tempesta: una recensione de “Il peso del sangue” di Vladimiro Bottone

La minaccia incombente apre due sole strade, senza alternative: soccombere alla paura o trovare la forza nel coraggio. In tempo di guerra, l’imminente rischio di morte spazza via le frivolezze dell’esistenza. Resta solo l’essenziale, ciò che tempra un uomo, gettandolo nella crudeltà umana. In simili circostanze estreme, ci si ritrova sconosciuti a se stessi, guidati dall’istinto di sopravvivenza, sorpresi dalle proprie capacità di evitare ulteriori tragedie. Emergono lati inaspettati del carattere, dissimili da quelli che ci definiscono abitualmente. È certo che serve anche un pizzico di fortuna; eludere la sventura richiede audacia, risolutezza e un’irremovibile fiducia in sé stessi, altrimenti la sconfitta è già scritta. Sfuggire a un pericolo mortale è un miracolo che impone una costante gratitudine verso sé stessi e chiunque ci protegga. L’angoscia di sopravvivere, il terrore di cadere nelle grinfie del male incarnato, spingono a lottare per la salvezza, a qualsiasi costo. “Il peso del sangue” di Vladimiro Bottone narra le vicende di Myriam, una giovane donna colta e bella, libera ma in pericolo. Torino, 1944: Myriam è ebrea. La sua famiglia viene catturata durante una retata a domicilio, ma lei riesce a salvarsi grazie a uno stratagemma istintivo del padre. Sola, circondata da informatori e approfittatori, Myriam incontra il commissario Troise, un uomo legato agli apparati segreti del regime fascista, l’ultima persona che dovrebbe incontrare. Le loro vite si intrecciano quando il commissario, d’impulso, la salva dalla polizia e la ospita, facendola passare per sua sorella. Tra loro nasce un amore impossibile, ma inevitabile, in una situazione sempre più critica. Il romanzo è straordinario: la storia è così intensa da coinvolgere il lettore a tal punto da fargli sentire il respiro affannato dei protagonisti. Nessuno è al sicuro, le emozioni sono rese con maestria, trasmettendo al lettore la stessa forte carica emotiva. In definitiva, la realtà si rivela maestra di vita.