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“Demone custode” di Paolo Sortino | RECENSIONE

La sofferenza, serve. Il tormento, emotivo e fisico, insegna tante cose. Innanzitutto ad apprezzare la vita nella sua semplicità. L’esistenza quotidiana, nella miniatura delle fragili illusioni che apparecchiano le ore, acquista un valore diverso, più forte. Certo, non è necessario affrontare il dolore per capire talune situazioni. Ma passare da esso è importante. Evitarlo sarebbe conveniente, eppure si imparerebbe poco. Si stabilisce, così, la misura delle mancanze, delle dimenticanze, delle passioni e delle ossessioni. La sofferenza accompagna sempre un demone. Combatterlo, stanarlo, lasciarlo calmo, sono delle scelte di vita che suggellano gli attimi di agitazione. L’angoscia si rimesta addirittura nell’idea della morte. Pensarla non è sconveniente. Parlarne, nemmeno. E’ un atto di forza. Sarebbe ingenuo convincersi del contrario. Sarebbe come oscurare una parte di ciò che è reale, che succede. Tutto nasce dalle emozioni e ogni cosa si spegne in assenza di esse. Vita e morte, bellezza e sofferenza. I binari conducono alle estremità dei pensieri senza bloccare lo smarrimento, che è normale, di portarsi avanti nella riconciliazione dell’esistenza. 

In Demone custode di Paolo Sortino entri in una storia intima, sofferta, liberatoria. Una storia necessaria per mettere a fuoco il maremoto che si scatena nella mente dinanzi alla sofferenza, all’idea della morte e della vita stessa. E’ un andare oltre pestando i piedi su ciò che è ed è stato. Un modo per darsi il ritmo nello slancio, indulgente, verso la memoria e l’avvenire. 

Il romanzo non lascia il lettore sulla soglia di un racconto, che si snoda attraverso una scrittura quieta e oscura, ma lo accompagna nella sfera delle ordinate e disordinate traiettorie di vita e di morte.  

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario per Mille e un libro Scrittori in Tv di e con Gigi Marzullo Rai Cultura. Giornalista, recensore professionista.