UFFICIALE – Natale si festeggerà 2 MESI prima | Cambia per sempre il calendario, la decisione è arrivata dallo Stato

Natale

Decorazioni natalizie - pexels - emmepress

In Italia, come in molti altri paesi, il Natale è una delle feste più sentite: un momento collettivo di gioia, famiglia, tradizione, riflessione.

Le luci che addobbano le strade, le canzoni natalizie che risuonano nei centri commerciali, il freddo che porta con sé l’odore delle caldarroste e del vin brulè… tutto sembra perfettamente sincronizzato con il calendario: 25 dicembre.

È una data sacra nella memoria culturale italiana, che segna la fine dell’anno liturgico e l’inizio – per molti – di un periodo di festa e di riposo.

Ma che succederebbe se all’improvviso qualcuno decidesse che il Natale debba celebrarsi non a dicembre, ma a ottobre? Se si cambiasse la data, si anticipasse di quasi tre mesi, in nome del “diritto del popolo alla gioia”, o per ragioni politiche?

È una domanda che oggi suona quasi fantascientifica nel contesto italiano, dove il Natale non è solo una festa religiosa ma anche una istituzione sociale, con le sue regole tacite – mercatini, tradizioni famigliari, vacanze scolastiche – rigidamente correlate al calendario tradizionale.

Un impatto profondo

Un simile cambio avrebbe un impatto profondo: su tutta la catena culturale, economica e religiosa. Le comunità cristiane, in particolare la Chiesa cattolica, avrebbero nel diritto canonico e nella prassi liturgica la priorità di definire il calendario liturgico, incluso il Natale. Anticipare la festa significherebbe non solo riscrivere una data, ma sfidare la tradizione ecclesiastica.

Inoltre, c’è l’impatto sociale: negozi che modulano le vendite natalizie, artisti che progettano spettacoli, famiglie che si organizzano per i cenoni, scuole che programmano vacanze. Il Natale non è “solo” una festa, è un pilastro, e spostarlo è molto di più che cambiare un giorno sul calendario.

Cenone
Tavola imbandita per il cenone natalizio – pexels – emmepress

E’ successo in Sudamerica

Sognando ad occhi aperti un’Italia in cui governo o leader locali proponessero di fare una cosa del genere – magari come gesto simbolico per “tensioni” politiche con altri paesi, oppure come strategia propagandistica – si aprirebbe un dibattito enorme. Chi decide cosa è cultura, cosa è festa; quale ruolo hanno le autorità religiose; fino a che punto lo Stato può intervenire su cerimonie che sono anche intime e familiari. E poi: quale sarebbe la reazione dei cittadini? Accetterebbero che il Natale sia “anticipato” per un anno? O lo considererebbero una bizzarria, un sopruso, una strumentalizzazione?

Eppure, sorprendentemente, qualcosa di simile è accaduto altrove. In un paese sudamericano, il presidente ha annunciato che per il suo Stato il Natale sarà celebrato il 1° ottobre, anticipando ufficialmente tutte le festività natalizie. Lo ha fatto “per difendere il diritto del popolo alla gioia, alla felicità e alla cultura”. Era una decisione che già in passato era stata presa in situazioni di tensione. Quest’anno, secondo l’articolo, il gesto sembrava destinato a “dimenticare” recenti tensioni con gli Stati Uniti, creando un clima festivo come strumento anticonflittuale.