L’ultimo atto di Redford: un addio elegante al cinema

Con “Old Man & the Gun”, Robert Redford appende il cappello al chiodo, regalandoci un’ultima interpretazione raffinata e romantica che mette in luce la poliedricità del regista David Lowery. Le figure leggendarie sono sfaccettature molteplici, plasmate dalla cultura e dall’esperienza individuale, tramandate e trasformate nel tempo. Celebrarle comporta il rischio di una biografia celebrativa, ma un narratore visivo dotato di talento e sensibilità riesce a coglierne l’essenza da un punto di vista inedito. Lowery padroneggia questa arte con disinvoltura, dimostrando ancora una volta la sua versatilità nel cinema contemporaneo. In questo film, affronta il “mito” Redford con intelligenza e originalità, rendendogli omaggio in modo audace e personale. Il nostro protagonista è un rapinatore, sì, ma anche un gentiluomo. Con il suo cappello da cowboy e l’aria disinvolta, Redford, a 82 anni, conserva il suo fascino irresistibile, persino mentre svaligia una banca. Ricorda l’agente segreto che lotta per la sopravvivenza in “I tre giorni del Condor”, l’ex campione di rodeo che fugge a cavallo in “Il cavaliere elettrico”, l’uomo solitario che sfida il mondo innevato in “Corvo rosso non avrai il mio scalpo”. Sul grande schermo, è stato un campione sportivo (“Il migliore”), ha combattuto le ingiustizie (“Brubaker”), ha ritratto l’America degli anni Trenta (“Come eravamo”), e ha raccontato la vita quotidiana, sia davanti che dietro la macchina da presa. Ha sfidato il potere (“Tutti gli uomini del presidente”), ha conquistato Jane Fonda (“A piedi nudi nel parco”), ha brillato al fianco di Paul Newman (“La stangata”) e, naturalmente, ha sussurrato ai suoi cavalli.