La narratrice Bianca Marconero: un’esplorazione creativa tra passato, presente e futuro

Bianca Marconero, celebre per la saga fantasy “Albion” edita da Newton Compton, ha arricchito il panorama letterario con romanzi come “Un altro giorno ancora”, “L’ultima notte al mondo”, “Ed ero contentissimo” e “La prima cosa bella”. Il suo ultimo lavoro, “Non è detto che mi manchi”, è prossimamente disponibile. Come è nata la passione di Bianca per la scrittura? Fin da bambina, nutriva un innato talento narrativo, evidente già nel suo modo di giocare, immaginando scenari e assegnando ruoli ai compagni, anticipando la sua futura professione di autrice. Questa inclinazione, forse una reazione alla consapevolezza dei limiti della realtà, è evidente in “Un altro giorno ancora”, dove una giovane donna, fortificata dalle avversità, trova l’amore nel suo acerrimo nemico. Per Bianca, cos’è l’amore? Un impulso incontrollabile, o qualcosa di più razionale? L’amore, per lei, è intuizione, una percezione istintiva, un’illuminazione che trascende la logica, che potrebbe essere un’illusione, oppure la via verso il proprio destino. Data la prolifica produzione di titoli nel mercato editoriale italiano, come gestisce il ritmo frenetico del settore? L’autrice percepisce un certo disorientamento nel panorama editoriale, dovuto all’impatto di internet e al declino della lettura come valore sociale. Questa crisi si manifesta nell’ascesa di autori provenienti dal mondo digitale, spesso privi di una solida formazione letteraria, e nella tendenza a puntare su autori già affermati online, piuttosto che scoprire nuovi talenti, compromettendo il ruolo di filtro culturale dell’editoria tradizionale. Come nasce l’ispirazione per i suoi romanzi? Un’idea improvvisa o un processo meditato? Per Marconero è un binomio: iniziano con schizzi di personaggi, situazioni e, se l’immagine è potente, la trama si costruisce attorno ad essa, come un castello di neve. La sua metodologia di scrittura è flessibile e adattabile alla vita quotidiana, senza rituali fissi. Scrive ovunque e in qualsiasi momento, riuscendo a interrompere e riprendere il processo creativo con facilità. Cosa prova nel vedere un libro completato? La soddisfazione della creazione è immensa, ma è consapevole della necessità di una revisione accurata, un processo reso più lento dai tempi editoriali, che pur essendo lunghi, sono fondamentali per affinare il testo. Se potesse scegliere uno scrittore del passato con cui dialogare, chi sarebbe e perché? L’autrice ammette la mancanza di Primo Levi e David Foster Wallace, ma ritiene che neppure un breve messaggio sarebbe appropriato. A quale libro è maggiormente legata? La saga di “Albion” è il suo progetto più significativo, in particolare “Ombre”, il secondo volume, che non modificherebbe. Come interagisce con i suoi lettori? È molto attiva sui social, ma confessa di non tollerare lettori arroganti che si concentrano su dettagli inessenziali. Il suo nuovo romanzo, “Non è detto che mi manchi”, in uscita il 19 luglio, presenta Emilia, una modella che si crede sciocca, e Fosco, un programmatore in una relazione infelice. I due si incontreranno a Milano, lavorando per riviste diverse, si aiuteranno a ritrovare se stessi, affrontando eventi imprevisti. Una citazione dal libro: “Fidati di ciò che non sai con certezza. Delle intuizioni non confermate. Affidati ai colpi di testa che tutti giudicherebbero folli”. Un aneddoto sulla stesura: il personaggio di Fosco, appassionato di videogame, è ispirato al gruppo di gioco online del marito dell’autrice, con un omaggio alle loro preferenze.