“InVento: Un’analisi del Romanzo di Federica Nardo”

L’avidità di potere è insaziabile; più si possiede autorità, più si anela ad accrescerla. Nessuna paura può frenare chi la brama ossessivamente. Questi individui manipolano circostanze e alleanze, ma il loro obiettivo rimane immutabile. Gli errori si ripetono, ma non vi è rimorso a frenarne le ambizioni. Il perdono è un lusso inaccessibile a chi domina la piramide socio-economica, i conti non tornano mai. La speranza è un’arma debole contro l’ambizione di espansione territoriale e politica; servono coraggio, audacia, e, in mancanza di queste, astuzia. Prevedere le mosse avversarie è fondamentale per neutralizzare i loro piani e proteggere i propri interessi, rendendo le minacce evanescenti come macchie su un vetro appannato. Rivelare le proprie ambizioni ai nemici sarebbe un errore fatale. In “InVento” di Federica Nardo, si respira l’aria tesa della Francia del 1815. Luigi XVIII, re stanco e remissivo, è un burattino nelle mani dell’intrigante Talleyrand. Napoleone, dopo dieci mesi di esilio all’Elba, torna a Parigi grazie all’aiuto della contessa Nives De Morin, la cui salvezza è prioritaria per quella dell’imperatore. La sua incoronazione segna l’inizio dei suoi ultimi Cento Giorni, pieni di sogni e ambizioni. Il romanzo è avvincente, scorrevole e ricco di colpi di scena, tradimenti e storie d’amore. Lo stile narrativo è efficace, preciso e coinvolgente, rivelando più di quanto le parole possano esprimere, catturando il lettore in un vortice di intrighi e passioni.