Bar, ristoranti e pizzerie: ora per fare la pipì bisogna PAGARE | O sborsi i quattrini o metti i pannoloni

Bagno pubblico

Bagno pubblico - pexels - emmepress

Quante volte ci sarà capitato di entrare in un bar o in un ristorante solo perché avevamo un’urgenza, magari durante una passeggiata in città o un viaggio, e di trovarci davanti al classico cartello: “Bagno riservato ai clienti”?

È una situazione comune che spesso fa discutere. C’è chi pensa che i locali pubblici dovrebbero consentire a chiunque di utilizzare i servizi igienici, e chi invece sostiene che sia giusto riservarli solo a chi consuma. Ma cosa dice davvero la legge?

La risposta è chiara: i bagni dei bar e dei ristoranti sono a disposizione dei clienti, non dei passanti. Non si tratta di una scelta di cortesia o di un capriccio dei gestori, bensì di un obbligo sancito dalle norme igienico-sanitarie e dalla legislazione vigente. In sostanza, il titolare è tenuto a garantire un bagno pulito e funzionante a chi consuma, ma non ha alcun dovere nei confronti di chi entra solo per chiedere di usarlo.

Questo principio è stato ribadito anche da una sentenza importante del TAR Toscana, risalente al 2010. In quell’occasione i giudici hanno bocciato un regolamento del Comune di Firenze che obbligava i gestori dei locali a mettere i bagni a disposizione di chiunque, clienti e non clienti. Secondo il tribunale, una simile disposizione rappresentava un onere eccessivo per gli esercenti e andava a limitare la libertà di iniziativa economica, protetta dalla Costituzione. Da allora la questione è diventata ancora più chiara: un locale pubblico non è un bagno pubblico.

C’è da dire che essere “cliente” non significa per forza sedersi a pranzo o ordinare una cena. Anche una consumazione minima, come un caffè o perfino una caramella, è sufficiente per avere diritto all’utilizzo del bagno. Il punto centrale è che ci sia un rapporto commerciale, per quanto piccolo, che legittima l’accesso ai servizi.

Non tutti i Comuni sono così esclusivi

Naturalmente, non tutti i Comuni si sono fermati a questa interpretazione. Alcune città hanno scelto di imporre regole più inclusive. A Parma, ad esempio, i regolamenti locali stabiliscono che i bagni debbano essere accessibili a chiunque, senza vincolo di consumazione. Anche a Bergamo si è optato per una linea simile.

Al contrario, in realtà come Venezia resta ferma la regola del “solo per clienti”. Questo dimostra come, al di là della legge nazionale, ci possano essere differenze sul piano locale.

Bar
Bar – pexels – emmepress

Il contesto fa la differenza

La verità, quindi, è che molto dipende dal contesto e anche dal buon senso. Un barista non è obbligato a far entrare chiunque, ma allo stesso tempo può scegliere liberamente di mostrare disponibilità in casi particolari, come per bambini piccoli, anziani o persone con disabilità. In questi casi prevale l’umanità, che va oltre l’obbligo di legge.

In definitiva, se ci si trova in difficoltà, la soluzione migliore rimane quella più semplice: consumare qualcosa, anche di poco conto, e diventare così a tutti gli effetti clienti. Non solo si ottiene accesso al bagno senza discussioni, ma si rispetta anche il lavoro e le regole a cui sono soggetti i gestori. Un piccolo gesto che, in fondo, rende più sereno sia chi chiede sia chi accoglie.