Il Riconoscimento Silenzioso in “Chirù” di Michela Murgia

Il Riconoscimento Silenzioso in “Chirù” di Michela Murgia

Talvolta, in uno sguardo fugace, in un gesto inconsueto, scorgiamo un riflesso di noi stessi. Potremmo non conoscere affatto quell’individuo che, inconsapevolmente, ci rivela aspetti dimenticati del nostro io. Ricordi sepolti per autoconservazione o per preservare le radici della nostra identità riemergono, creando un’intima connessione. È un sentimento di nostalgia, di rimpianto, una profonda saudade. La spontaneità di quell’incontro, quasi una rivelazione improvvisa, intensifica la sensazione di familiarità. Un misto di disagio e serenità ci pervade, percependo un legame invisibile con lo sconosciuto. Ci lasciamo guidare dall’intuizione, confidando nell’affidabilità di un istinto istintivo. Anche il rischio dell’inganno non ci spaventa: se la connessione è effimera, nulla è perduto. Solo un’avvicinamento graduale potrà confermare o smentire la nostra percezione iniziale. Anime affini si riconoscono istintivamente, comunicando oltre le parole, al di là dell’apparenza. In “Chirù”, di Michela Murgia, questa empatia si manifesta nella relazione tra Eleonora, insegnante e attrice, e Chirù, un giovane violoncellista di diciotto anni. Una differenza d’età di venti anni li separa, ma un’affinità profonda li unisce. Eleonora, che percepisce questa somiglianza, diventa la guida di Chirù, indirizzandolo nella sua crescita professionale, insegnandogli a valorizzare le proprie peculiarità. Chirù possiede una forte personalità, ma consapevole della propria immaturità, necessita della sua esperienza. Eleonora, a sua volta, avverte una connessione più intensa di quanto vorrebbe ammettere. La narrazione è di una bellezza struggente. Lo stile narrativo, potente e ricco di personalità, avvolge il lettore in una potente atmosfera di protezione.