Sergio Mauri: Un’Ascesa nel Mondo della Musica Elettronica

Sergio Mauri: Un’Ascesa nel Mondo della Musica Elettronica

Un collega, stimato produttore e DJ, mi ha confidato che Sergio Mauri è un artista che si distingue in consolle. Apprezzo molto il suo giudizio, non essendo incline a elargire facilmente complimenti. Pur non avendolo visto esibirsi dal vivo ultimamente, ho seguito la sua evoluzione professionale: il numero crescente di impegni, le produzioni e la popolarità sui social network testimoniano il suo successo. È un esempio di artista che, con impegno e dedizione, ha conquistato un meritato riconoscimento. Un plauso a questi rari professionisti seriali che perseguono con tenacia i propri sogni.

Collegh hanno sottolineato la tua abilità in consolle. Credi che la capacità di intrattenere senza eccessivi ausili tecnologici sia ancora un valore aggiunto, oppure è più importante avere una cospicua rete di contatti? La tua domanda è illuminante. In un panorama musicale sempre più dominato dalla tecnologia, che uniforma le esperienze, l’elemento distintivo, il vero valore aggiunto, è l’aspetto umano: la capacità di coinvolgere, di catturare l’attenzione del pubblico, di far ballare. La tecnica è importante, ma se la musica non emoziona, nessun software può salvarti.

Come gestisci i rapporti con gli art director? Cerco un dialogo costruttivo per comprendere le loro scelte artistiche. Se invece si rivela una collaborazione impossibile, preferisco evitare di compromettere il mio lavoro.

La scena musicale italiana è ancora all’altezza delle produzioni internazionali di un tempo? Perché persiste questa rivalità? Esistono ancora produttori italiani di talento apprezzati a livello internazionale. Ricevo quotidianamente demo per la mia etichetta, Spire Recordings, e alcune sono davvero eccezionali. Molti colleghi ottengono grandi successi all’estero. Anche io ho ottenuto soddisfazioni con licenze e supporto da artisti internazionali. Purtroppo, in Italia persiste una competizione sterile, una “guerra tra poveri”, a differenza della collaborazione proficua che si osserva in Paesi come l’Olanda. Collaborazioni con artisti internazionali come Dimitri Vegas & Like Mike (con cui ho realizzato “Voyager”) o W&W confermano questa differenza di approccio.

Qual è la percentuale di DJ improvvisati nei club italiani? Quanti “scapaccioni” vorresti dare ai giovani presuntuosi? Anni fa avrei stimato il 40% di incapaci, ma ora, grazie al progresso tecnologico, alla maggiore preparazione dei giovani DJ e alla mia esperienza nei migliori club italiani, vedo sempre meno dilettanti.

Un vocalist arricchisce l’esibizione di un DJ o la compromette? Dipende dal vocalist. Alcuni sanno rispettare i tempi, interagire col pubblico e conoscere la musica. Altri, purtroppo, parlano sopra le canzoni.

La paternità ha modificato la tua vita professionale? La paternità è un privilegio e una responsabilità. Richiede maggiore presenza in famiglia. Personalmente ho trovato un equilibrio, e ironicamente, le mie serate sono addirittura triplicate negli ultimi due anni.

Nomina tre DJ bravi ma poco conosciuti e tre su cui avresti scommesso poco e ti sei ricreduto. Conosco molti DJ “non bravi” che giustamente non hanno successo. Se si ha talento, prima o poi emerge. Tra quelli su cui inizialmente non avrei scommesso, ci sono Merk & Kremont (nel 2012/2013) e Lush & Simon.

Quali esperienze non rifaresti? Eviterei collaborazioni con etichette che promettono supporto ma non mantengono le promesse. Per questo ho fondato la mia etichetta, collaborando solo con professionisti seri. Ho ottenuto maggiori soddisfazioni economiche con la mia label che con altre più grandi. Ho anche avuto brutte esperienze con DJ che hanno cercato di minare i miei rapporti con altri professionisti, ma queste situazioni sono state gestite.

Ha ancora senso avere un agente? A livello internazionale, per chi riceve molte richieste, sì. A livelli intermedi o bassi, è spesso controproducente. Molti colleghi hanno abbandonato gli agenti per tornare a lavorare in autonomia.

Quante donne ti hanno corteggiato per il tuo lavoro? Spero che abbiano apprezzato prima la mia persona, poi il mio lavoro. All’inizio ho forse giocato un po’ su questo aspetto, ma con il tempo ho smesso.

Cosa rispondevi a chi ti chiedeva “Fai il DJ? E poi cosa fai?” All’inizio rispondevo con sarcasmo. Poi ho iniziato a specificare che sono anche produttore, remixer ed editore discografico.

Un saluto agli amici di M Social Magazine e… W la Fiat!