L’evoluzione di Leandro Da Silva: dalla radio alla consacrazione internazionale

Le domande rivolte a Leandro Da Silva rispecchiano quelle che mi sono posto, o che avrei voluto mi fossero poste. Nonostante le poche occasioni di collaborazione radiofonica e gli incontri sporadici a eventi come le feste m2o o i festival, ho sempre percepito una forte sintonia tra noi. Entrambi, a mio avviso, abbiamo forse ricevuto meno riconoscimenti di quanto meritato in alcuni contesti, ma possediamo una versatilità che ci permette di eccellere. Leandro, è insolito intervistare un collega speaker, ma questo ci permetterà di presentare al pubblico anche il DJ e produttore. Ricordo un giovanissimo Leandro Da Silva trionfare a “Deejay ti vuole”: poliglotta, disinvolto, destinato al successo. Cosa rimane di quell’aspirante speaker nazionale? “Fabio, molto rimane: la passione per la realizzazione dei sogni, la tenacia nel perseguirli, e l’adrenalina che precede ogni traguardo. Elementi vitali per chi opera nel nostro settore (lo sai bene!). Alcune cose sono cambiate, certo. Sono più maturo e consapevole. A Deejay, inizialmente, sembrava un sogno, i miei idoli erano i miei colleghi. Oggi vedo le persone dietro gli idoli, capisco che non è un mondo magico: per ottenere qualcosa serve impegno, niente è regalato”. Dopo anni di radio, sembri più attratto dalla consolle. È un’impressione social, oppure è così? “Il mio amore per la radio nasce dalla passione per la musica. A sedici anni, affascinato da quei CD catalogati con meticolosità (allora non esisteva ancora Napster!), il mio direttore artistico, Leonardo Leonardi, mi propose un accordo: due pomeriggi a settimana in radio per imparare a fare lo speaker, in cambio di un CD da copiare. Facile! Il lunedì dopo scuola ero già in radio. Così ho imparato ad amare quel luogo, rifugio della mia adolescenza. Contemporaneamente, facevo il DJ, prima a feste private, poi in discoteca. Oggi la consolle è centrale nella mia vita e carriera. Ho fondato etichette discografiche, il mio lavoro di produttore riscuote successo, soprattutto all’estero. È ciò che ho sempre desiderato”. Il tuo fascino brasiliano ha senz’altro contribuito al tuo successo, ma cosa c’è di “verdeoro” nel tuo lavoro? “In Brasile, a Rio, tutto ha un ritmo. Un video del Comitato Olimpico Brasiliano, usato per la candidatura di Rio 2016, ne è un esempio perfetto: l’anima carioca. Essendo carioca, ho sempre privilegiato il ritmo, in radio e nelle mie produzioni”. Ogni tuo disco è supportato da personaggi famosi. Come hai ottenuto l’attenzione dei grandi della night culture? “Credo sia una combinazione di buona musica e promozione efficace. Molti amici e colleghi fanno dischi eccellenti, ma sottovalutano la promozione. Grazie anche ad Origami, riesco a far arrivare i miei dischi a tutti; poi, ovviamente, il disco deve piacere ai top DJ”. Hai raggiunto traguardi importanti: festival, tour mondiali, primi posti. Quando hai capito che qualcosa stava cambiando? “In realtà, ancora non l’ho capito! Ho un difetto/pregio: non riesco a godermi appieno i successi. Raggiungo un obiettivo e subito ne fisso un altro. Negativo perché a volte bisogna rilassarsi, ma positivo perché non mi sento mai appagato”. Prima di affermarti come DJ, conducevi “Aqpp” su m2o. Come hai abbandonato i panni rassicuranti dello speaker per quelli del “figo da club”? “Non è stato casuale, ma una scelta ponderata. A un certo punto ho capito cosa volevo. “Aqpp” era come un figlio, lo amavo, ma mi allontanava dai miei obiettivi. Non è stato facile, un percorso difficile, criticato, ma ho abbandonato le mie certezze”. Potrebbe tornare la voglia di un programma radiofonico non legato alla musica? “Il futuro è imprevedibile, ma credo di aver trovato la mia dimensione con ‘In Da Silva House'”. Conosci molte lingue. Hai mai pensato a Radio One o simili? “Ho pensato alle radio brasiliane, il portoghese è la mia lingua madre. Per inglese e francese non ho la padronanza necessaria, forse lo spagnolo…”. Bilancio di soddisfazioni e delusioni? “Le soddisfazioni superano di gran lunga le delusioni. Sono fortunato: faccio il lavoro che amo, ho una bella famiglia e una fidanzata che mi sostiene. Ho avuto delusioni da persone che consideravo amiche, ma fa parte della vita”. Infine, la domanda che dà il titolo a questa intervista: quando da giovane dicevi che volevi fare il DJ, e ti rispondevano “e poi cosa fai?”, cosa pensavi? “Succede ancora. Penso che queste persone dovrebbero aprire maggiormente le loro vedute”. Grazie per il tuo tempo, continua così! “Grazie a te per questa splendida intervista!” Iscriviti alle Newsletter per non perdere le nostre novità e iniziative! [mailpoet_form id=”2″]