Due Anime al Limite: Un Viaggio nell’Incertezza
“Un’ondata di riso mi attraversa, un’agguata di mille spilli nelle mani, nei piedi, nelle gambe, una ferita viva. Un baratro mi attira verso la follia.” Emma, quarantenne ma con l’anima di una venticinquenne, si muove nella frenetica Milano, filtrata dalla sua prospettiva incerta; nel suo cuore pulsa sempre il ritmo di Napoli. Dietro di sé, un matrimonio inconsistente, concluso prima ancora di iniziare, e una figlia adolescente, Alice, che vive con la nonna paterna in un mondo di lusso e ipocrisia. Quasi quotidianamente, Emma precipita in un vuoto cosmico, un buco nero che ingoia sensazioni, emozioni, speranze e paure. Ne emerge, ricomparendo in questo mondo di abissi, senza apparente preoccupazione: conosce questa oscurità, la accetta come una normalità. “Emma, calma, un muro è un muro,” si ripete, ma le parole sono vane, priva di connessione con gli oggetti, le persone, persino il bicchiere sul tavolo, l’amica Roby, gli estranei. Si sente irrimediabilmente sola, in un universo alieno, le cui chiavi ha perduto. Ha due care amiche e colleghi distanti, ma la sua natura è enigmatica, inafferrabile, sospesa tra presente, futuro e un passato doloroso che ha lasciato impronte profonde, materializzate in tre vasi di polvere – o forse erano di più? – un rifugio sensoriale, un ricordo da annusare, un mezzo per superare le paure, gli ostacoli. “Respiro profondamente dalla terza coppa, sembra suggerire spazi inesplorati, profumi di aria e primavera. Anche il mio gatto nero la preferisce, attorcigliandosi al suo profilo sinuoso.” Si incontra regolarmente, senza variazioni (sebbene lei desideri di più), con Pietro, un uomo con cui condivide una storia priva di amore, fatta di sesso, possessione, desiderio e necessità. Lui la desidera, lei lo brama; lui è ossessionato dal suo corpo, lei vorrebbe vederlo fuori da quell’appartamento, vestito. “Pietro…rifletto: capace di passioni estreme, di situazioni al limite, come amore e morte, ma non li chiama amore.” Nonostante la sofferenza, la colpevolezza di Emma, i desideri incontrollabili di lui, sono legati da un filo indissolubile, dipendenti l’uno dall’altra. Un incontro inaspettato, però, sconvolgerà gli equilibri, preludendo a una fine – o forse a un nuovo inizio? Flashback, partenze e ritorni, ricordi che riaffiorano con prepotenza: Chiara Tortorelli ci narra un’esistenza spezzata a metà, quella di Emma, intrecciata a un’altra esistenza frammentata, quella di Pietro. Il Punto Zero, in fisica quantistica, rappresenta il vuoto, dove le potenzialità inespresse si incontrano, pronte a cambiare il corso degli eventi. È lì che vivono Emma e Pietro, sospesi tra spazio e tempo. “Seduta al tavolino di un caffè, osserva la sua follia. Con voce sommessa, sussurra: «Abbiamo percorso una lunga strada insieme, ma nessuno sa della tua esistenza. Ti ho nascosta dietro abiti appariscenti, un trucco impeccabile, ma qualche crepa si intravedeva sempre».” In un’intervista, l’autrice rivela l’origine del libro: “A Milano, durante la mia vecchia vita nel mondo pubblicitario, un lampo improvviso, un’immagine fulminante, una donna che svaniva nel nulla. Dopo anni, decisi che si sarebbe chiamata Emma, e nacque “Due Anime al Limite”.” Il finale, che lascia senza respiro, era già delineato, ma il percorso narrativo è stato un viaggio attraverso tempo e debolezze interiori. La relazione tra Emma e Pietro è una storia travagliata, imperfetta, ma intensa. L’autrice sottolinea l’importanza dell’imperfezione, la bellezza fatta di imprevisti, il fatto che l’amore che crediamo di provare è spesso un riflesso di noi stessi, un’illusione, una proiezione su un fantasma. La scelta del titolo, con il suo richiamo alla fisica quantistica, simboleggia l’equilibrio precario tra esistenza e non esistenza, la necessità di vivere intensamente senza rimanere ancorati a certezze illusorie. Il romanzo è un’evoluzione di un racconto presente in “Tabù”, pubblicato nel 2014. Il riscontro dei lettori è stato entusiastico, con descrizioni come “folgorante”. Il processo creativo è stato intenso, con momenti di disperazione (come la scelta del nome della protagonista) e di illuminazione. La conclusione del romanzo è un sollievo, come lasciare volare i figli. L’ispirazione per personaggi e vicende proviene dalla vita stessa, da emozioni improvvise. L’autrice ha sempre amato scrivere, un modo per esprimere emozioni fin dall’infanzia. Ha altri progetti in cantiere, ma i tempi di realizzazione sono incerti. Un aneddoto divertente: i giorni intensi di scrittura le hanno fatto bisogno di camomilla per riuscire a dormire. Infine, una citazione significativa dal libro: “L’amore non è che un attacco acuto di empatia. Quasi un’appendicite.”
