La polvere e il vento: eco di Auschwitz e di Aylan Kurdi

La polvere e il vento: eco di Auschwitz e di Aylan Kurdi

Tra le composizioni italiane dedicate all’Olocausto, “Auschwitz”, o “Il bambino nel vento”, di Francesco Guccini, occupa un posto di rilievo per la sua intensità e la sua diffusione. Scritta nel 1967, la canzone narra in prima persona la breve e tragica esistenza di un bambino deportato, la cui vita si spegne nel forno crematorio. Ridotto in cenere, la sua polvere si disperde nel vento, mentre egli, incredulo, interroga l’umanità sulla sua capacità di uccidere. I versi struggenti, “Son morto con altri cento / Son morto ch’ero bambino, / Passato per il camino / E adesso sono nel vento,” risuonano di un dolore profondo e inafferrabile. L’immagine del fumo che si alza lento nel cielo gelido di Auschwitz, è un’ulteriore testimonianza della barbarie, un’immagine che si ripete anche in altre strofe come “Io chiedo quando sarà / Che l’uomo potrà imparare / A vivere senza ammazzare / E il vento si poserà”. La domanda disperata del bambino echeggia nel tempo, confrontandosi con la toccante immagine di Aylan Kurdi, il bambino siriano ritrovato senza vita sulle coste turche nel 2015. La sua magliettina rossa è diventata simbolo di una tragedia contemporanea, una fotografia che ci ricorda la continuità del dolore e la necessità di ricordare. Il Giorno della Memoria, dunque, non è solo un evento commemorativo ma un monito costante: una potente chiamata a riflettere sui terribili errori del passato, a salvaguardare il valore della vita umana e a impedire che simili orrori si ripetano.