Il grido di allarme di Armani: un’industria della moda da ripensare

La pandemia da Coronavirus ha paralizzato il settore moda: showroom chiusi, negozi inattivi, collezioni invendute, ordini cancellati e sfilate sospese. La lettera aperta di Giorgio Armani pubblicata su Women’s Wear Daily, autorevole rivista del settore, ha suscitato ampio dibattito, focalizzando l’attenzione sulla necessità di una profonda ristrutturazione dell’intero sistema. Negli ultimi anni, l’emergere di grandi catene con prezzi competitivi e un’offerta continua ha costretto i marchi di lusso ad adeguarsi, generando un ciclo incessante di collezioni: pre-collezioni, capsule collection, resort collection, ecc. Questo ritmo frenetico grava su designer, produttori e rivenditori, sommersi da un’eccessiva quantità di merce da smaltire in tempi ristretti. Armani, non solo, ma anche altre figure di spicco del settore, da tempo sostengono la necessità di un cambio di rotta, di una decelerazione. “Il declino del sistema moda, così come lo conosciamo, è iniziato quando il lusso ha adottato le pratiche del fast fashion, inseguendo volumi di vendita sempre maggiori – ha scritto lo stilista. Io rifiuto questa impostazione, la considero immorale. È assurdo che un capo, come una giacca o un tailleur, resti in negozio solo poche settimane, diventi immediatamente obsoleto e sia sostituito da un articolo simile. Non concepisco un sistema del genere, e lo ritengo eticamente inaccettabile. Ho sempre creduto in uno stile senza tempo, in capi destinati a durare. Per questo trovo altrettanto irrazionale trovare abiti estivi in pieno inverno o cappotti invernali in estate, dettato dalla necessità di stimolare acquisti impulsivi. Chi compra vestiti per riporli nell’armadio in attesa della stagione adatta? Pochissimi. Ma questa pratica, promossa dai grandi magazzini, si è imposta come prassi dominante. È sbagliato, dobbiamo cambiare rotta. Questa crisi rappresenta una preziosa opportunità per rallentare, riallineare le priorità e costruire un futuro più autentico. Basta spettacolarizzazione, basta sprechi. Da tre settimane sto lavorando con il mio team per garantire che le collezioni estive rimangano nei negozi almeno fino ai primi di settembre, come dovrebbe essere. È il nostro nuovo obiettivo. Questa crisi ci offre la possibilità di restituire valore all’autenticità: basta alla moda come mero strumento di comunicazione, basta alle sfilate globali con presentazioni superficiali, basta a spettacoli costosi e inappropriati, ormai rivelatisi volgari e inutili. Basta con gli spostamenti inquinanti per le sfilate e gli sprechi di risorse per eventi vuoti di significato. Il momento è difficile, ma ci offre un’occasione unica per correggere gli errori del passato, eliminare il superfluo e ritrovare un’umanità perduta. Questa è la lezione più importante di questa crisi.”