La Sentenza Perfetta: Un’Analisi dell’Opera di Rosalia Alberghina

La Sentenza Perfetta: Un’Analisi dell’Opera di Rosalia Alberghina

La fiducia: un bene prezioso, ricercato, talvolta tradito e umiliato. Alcuni la ostentano come simbolo di pace duratura, altri la coltivano in silenzio, riservandola a pochi eletti. È un marchio indelebile, una cicatrice che brucia a lungo quando viene meno, un’onta che segna per sempre. Spesso, fiducia e protezione camminano a braccetto, inseparabili come sorelle. Chi ripone fiducia in qualcuno lo difende, lo scuda dalle calunnie, dalle offese, dalle maldicenze che possono ledere la reputazione e devastare l’animo umano. Tuttavia, la fiducia va conquistata, e solo l’intuito iniziale, affinato poi dal carattere, può guidarci in questo percorso irto di insidie. Non esistono certezze assolute, e la fiducia in se stessi è una meta ambiziosa, una strada lunga e solitaria che richiede impegno quotidiano e amore per se stessi. La fiducia parla un linguaggio inafferrabile, persino lo sguardo, spesso considerato rivelatore, può ingannare. Donare e ricevere fiducia è un’impresa ardua; la superficialità e la leggerezza sono un peso, mentre la genuinità nelle valutazioni, frutto di profonda conoscenza di sé, porta a una serena e coraggiosa tranquillità interiore. Questo, in definitiva, è il miglior scudo contro i pensieri negativi e i tormenti inutili che possono logorare la psiche. Fiducia e difesa, dunque, sono un’arma imprescindibile contro i dubbi che possono assalirci. Nel romanzo “La sentenza perfetta”, Rosalia Alberghina ci conduce attraverso un delicato equilibrio tra ordine e caos. L’ordine rappresenta le regole, i valori, la disciplina, le parole precise; offre sicurezza, un rifugio sicuro, ma fatica a conciliare con l’improvvisa irruzione di emozioni e slanci vitali. Il disordine, al contrario, è un turbinio di eventi inaspettati, una pioggia di coriandoli che celebra la vita, sconvolgendo le certezze e le emozioni, ma che ci obbliga a riflettere, a mettere in discussione tutto, a superare l’apatia e a rialzarci. L’ordine è statico, immutabile; il disordine, invece, è dinamico, stimolante. La vita di Giulia, avvocato palermitano, è un incessante fluire tra dubbi e certezze, tra fiducia e difesa. Questa donna, vincente nelle aule di tribunale, affronta sconfitte nella vita privata, trovando sempre la forza di rialzarsi. Ascolta se stessa, il suo caos interiore, e sa recuperare l’equilibrio. La scrittura di Rosalia Alberghina è lineare e precisa, forse eccessivamente asciutta. Va dritta al punto, accennando solo gli stati d’animo della protagonista, senza approfondire il travaglio emotivo. L’assenza di descrizioni ambientali e di atmosfere rende la narrazione pulita ed essenziale, ma priva di quel respiro emotivo, di quella ricchezza di dettagli che arricchirebbero l’esperienza del lettore. Manca la forza delle parole che sconvolgono, che segnano, che restano impresse nel cuore e nella mente. La mancanza di fluidità visiva, che coinvolgerebbe il lettore a livello emotivo, rende la scrittura un po’ sospesa. L’autrice scrive bene, ma un pizzico di quel “disordine” che caratterizza la vita avrebbe conferito maggiore profondità e impatto emotivo all’opera, accrescendo la fiducia del lettore nella potenza della narrazione.