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ARAZZO FAMILIARE di Anna Cantagallo mette in luce storie di donne comuni in situazioni eccezionali | INTERVISTA

“ARAZZO FAMILIARE” è la saga tutta al  femminile  ricca di colpi di scena, intriganti segreti della dottoressa ANNA CANTAGALLO.
«L’obiettivo del romanzo è quello di mettere in luce, attraverso le storie di donne comuni che si interfacciano con eventi eccezionali come le due guerre mondiali e il ’68, quei comportamenti che hanno condotto alla consapevolezza della donna moderna. Ogni conquista, personale e sociale, ha la sua genealogia», afferma l’autrice.
La traccia di sapori antichi è il fil rouge del romanzo. La complessità della trama, nel gioco dei sentimenti e degli eventi narrati, costituisce una sfida appassionante per il lettore.

Lei vive a Roma ed è un medico. Da anni si dedica alla scrittura di testi teatrali, come il progetto “La scienza a teatro”. Come e perché nasce questo progetto?

Il progetto La scienza a teatro nasce come la naturale prosecuzione dell’impegno profuso nei miei libri scientifico-divulgativi, raccolti nella collana La scienza in cucina, edita da Gremese editore.
Quando ho iniziato a divulgare, ero spinta dall’obiettivo di migliorare la comprensione dei pazienti alle spiegazioni mediche riguardo all’alimentazione. Dedicandomi da tempo alla scrittura teatrale, mi sono chiesta se non fosse utile per le persone comuni conoscere qualcosa delle scoperte scientifiche attraverso un altro mezzo, ovvero con la messa in scena. Durante la prima rappresentazione, e poi nelle successive, era palpabile la tensione emotiva che scorreva tra il pubblico nel momento in cui l’idea della scoperta si appalesava. Questa è la grande magia dell’arte teatrale: saper sollecitare le emozioni con una sapiente recitazione per aiutare la comprensione razionale.

“Arazzo familiare” è il suo primo romanzo. Una saga al femminile, ricca di colpi di scena e intriganti segreti. Cosa possiamo svelare in merito ai nostri lettori?

I segreti sono tali se non si svelano. Tuttavia, posso dire che, come nella metafora dell’arazzo espressa nella premessa, ho volutamente lasciato già nelle prime pagine dei fili sospesi che rappresentano segreti: sono i fili che si annoderanno nelle ultime pagine per comporre il disegno finale. Il colpo di scena catartico ha a che fare con la terza protagonista della saga.
Chi vorrà utilizzare questa piccola traccia, stia attento ai particolari che riguardano Marigiò.

Le vite di Maricò, Marilì e Marigiò (nonna, madre e figlia) si confrontano con la storia del Novecento. Gli eventi promuovono la crescita personale delle tre donne e dei loro comportamenti che hanno condotto alla consapevolezza della donna moderna. Ci racconti.

Queste tre donne si interfacciano con gli eventi di rilievo del Novecento come le due guerre mondiali e il ’68.
Durante la Prima guerra mondiale le donne sono state chiamate a sostituire in alcuni lavori gli uomini impegnati in trincea. Nei giornali del primo decennio appaiono le immagini di donne conduttrici di tram, o impegnate a distribuire la posta o a lavorare al tornio in fabbrica per produrre armi. Le donne nei campi non facevano notizia, sebbene senza il loro lavoro ci sarebbe stata una grande penuria di viveri.
L’impegno nel lavoro, per ottenere una fonte di reddito e un certo grado di autonomia, accomuna le tre donne. La prima protagonista, Maricò, è mandata, giovanissima, dal padre a fare la dama di compagnia di una nobile sua coetanea e poi, dopo il matrimonio di questa, ad affiancare il medico del paese come infermiera, seppur sprovvista di titolo.  Nel 1908, infatti, mutuando l’esperienza inglese avviata da Florance Nightingale, venne istituito il primo corso di infermiera crocerossina in Italia, aperto alle ragazze di buona famiglia. Infine, dopo essere diventata vedova, Maricò decide di non accettare la proposta di matrimonio di un suo corteggiatore dell’età giovanile che l’aveva delusa, consapevole che, con il suo lavoro, avrebbe potuto farcela da sola.
Marilì, la donna della seconda generazione, seguendo l’esempio materno nel fare l’infermiera, riuscirà con le sue forze a sostentare la famiglia dopo l’abbandono del marito. Marigiò, l’ultima donna, farà di più: potrà studiare e diventare medico. Tuttavia, per la carriera sarà messa davanti a una scelta terribile, cioè rinunciare a sua figlia per darla in adozione.

Cito testualmente: “la conquista, personale e sociale, ha la sua genealogia”. Allora mi chiedevo e le chiedo: “Anche per Anna è stato così”?

Sicuramente. Io mi sento una donna nuova perché ho potuto godere di situazioni favorevoli della società e del frutto delle conquiste fatte dalle generazioni precedenti. Se non ci fossero state le donne della mia famiglia, simili a tante altre della loro generazione, il mio destino non avrebbe preso la via che mi ha condotto allo studio e poi alla professione medica. Chi non aveva potuto accedere alla cultura né aspirare a un lavoro per l’autonomia economica si era impegnata in grandi e piccole battaglie quotidiane per sviare un destino già segnato per le proprie figlie. Nel personaggio di Marilì, che appartiene alla seconda generazione, concentro questo impegno. Nelle pagine del romanzo scorre sottotraccia un memento per le giovani d’oggi: ricordate che ogni conquista sociale e personale, che oggi sembra così ovvia e scontata, ha la sua genealogia.

Rosa Spampanato

Rosa Spampanato anni 38. Amante della scrittura. Articolista per M Social Magazine Articolista per il Quotidiano LaSicila Collaboratrice per il Magazine Cherrypress Collaboratrice per la Testata Giornalistica VanityClass Sezioni di Riferimento Cinema TV Musica