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Massimo Iondini presenta il nuovo libro “Dice che era un bell’uomo…- Il genio di Dalla e Pallottino” | INTERVISTA

“La scintilla iniziale arrivò quando ero solo un bambinetto di sei anni, e Lucio Dalla, mi portava in casa i cartoni animati. Da lì ho incominciato ad amarlo visceralmente. Questo fu il mio primo bacio d’amore con Lucio.”

Queste le parole del Giornalista Massimo Iondini, nel raccontarsi e raccontarci del suo nuovo libro “Dice che era un bell’uomo…- Il genio di Dalla e Pallottino”, dedicato alla coppia artistica formata da Lucio Dalla e da Pallottino. Libro che arriva nelle librerie fisiche e digitali, a 50 anni dalla pubblicazione del brano scritto da Dalla e Pallottino: “4/3/1943. “

Al suo interno il lettore potrà emozionarsi con un intervista esclusiva curata dallo stesso Iondini, a Tobia Righi, padre putativo del cantautore.

 “Sono molto felice del contributo di Tobia”, ci spiega Massimo durante l’ intervista, poi continua: “La sua intervista in parte va a chiudere il libro, e nei suoi racconti, troverete tante cose inedite, mai raccontate su Lucio Dalla.”

Salve Massimo, e benvenuto nuovamente tra le pagine di M. Social Magazine. Dico benvenuto perché nel 2020 abbiamo avuto il piacere di parlare del suo primo libro dedicato a Paola e Lucio Dalla. Libro che prosegue quest’oggi con “Dice che era un bell’uomo”, dedicato sempre alla coppia artistica Paola Pallottino e Lucio Dalla. Quindi dove eravamo rimasti?

Intanto i contenuti sono impreziositi dalla prefazione di Pupi Avati, che va da ffiancarsi così all’introduzione di Gianni Morandi. L’altro contributo nuovo e per molto importante, è un’intervista di Umberto Tobia Righi, che nel penultimo capitolo del libro, va a chiudere(in parte) il racconto. Intervista che svela tante cose su Lucio, che non aveva mai raccontato a nessuno.

“Io Tobia padre, quel padre che Lucio non ebbe”, è il titolo del penultimo capitolo citato pocanzi, nodo importante del libro. Perché?

Perché va a dare un ulteriore senso alla canzone Gesù Bambino, di cui quest’anno è ricorso il 50esimo anniversario, festeggiato durante il Festival di Sanremo. Brano che rappresenta la nascita musicale di Dalla. La nascita pubblica, la sua epifania, perché Lucio aveva già incominciato da prima a cantare, e per ben sette anni.

Nel suo nuovo libro racconta la carriera di Dalla nei primi anni ’70, e della collaborazione con Paola Pallottino. Una breve ma intensa collaborazione che diede alla luce brani come “4 Marzo 1943”

Paola intese creare un testo che risarcisse in qualche modo Dalla della mancanza del padre, che Lucio aveva dall’età di sette anni. Canzone che invece diventa un testo dedicato alla mamma, dove si racconta la storia di questa sedicenne che resta in cinta, dopo un incontro con un soldato(presumibilmente) americano.

La storia della Censura, è ben nota a tutti noi. La Rai in quegli anni non poteva accettare che una canzone si intitolasse come nostro Signore. E così da che il brano doveva chiamarsi “Gesù Bambino”, fu modificato in “4Marzo 1943.”

Una censura che fece solo del bene al brano. Ma prima ancora della censura, il brano non risultava nella griglia tra i venti brani in uscita. All’epoca infatti fu istituito una speciale commissione di rinnovamento che avevano il compito di ripescare altre quattro canzoni tra quelle presentate. Due membri in particolar modo(e questo me l’ha raccontato Tobia), fecero di tutto per ripescare il brano di Lucio, ovvero lo scrittore Alberto Bevilacqua, e il regista Piero Vivarelli. Furono però subito consapevoli, che la canzone non sarebbe arrivata sana e salva alle serate del Festival, perché era in odore di censura. La censura, ripeto fu la sua fortuna, perché Lucio ebbe l’idea banale, ma geniale nello stesso momento, di mettergli la propria data di nascita. Un gesto questo che fece si che si identificò ancora di più agli occhi del pubblico e di tutti gli ascoltatori, diventando (se pur lo era già in parte), una canzone autobiografica.

“La morte è la fine del primo tempo”, frase che ripercorreva sempre dei discorsi di Lucio, quando parlava della vita e dell’atra vita, in cui lui credeva fortemente perché molto religioso.

Lucio aveva una fede bambina, ed è la fede più pura, quella che non si pone domande(pur essendosene fatte tante anche lui.) Nel libro infatti c’è una parte in cui riporto la testimonianza e il rapporto che Lucio aveva Padre Bernardo Bosci, un domenicano del Convento di S. Domenico a Bologna. Chiesa dove Lucio era solito andare. Ebbe un’ educazione fortemente cattolica, basti pensare che ogni estate con la madre si recavano sempre a S. Giovanni Rotondo in visita a Padre Pio, santo che miracolò anche una zia di Lucio invalida.

“Dio è grande”, è la frase iniziale,  all’interno di uno scritto di Lucio Dalla, che chiude il libro.

Mi piace che si chiuda così: “Dio è grande”, perché fa capire la carica poetica di questo grande testo, in cui lui evoca e racconta tutte le finestre dalla quale si è affacciato, in particolar modo quella della sua infanzia, dalla quale scrutava il mondo e le persone. Un testo quasi manifesto della sua sensibilità musicale e della sua capacità di entrare nella vita della persone per raccontarla.

Anche se lei ha avuto il privilegio di conoscere Lucio quando era in vita, se si potesse parlare con lui ora adesso, cosa direbbe a Dalla?

Grazie Lucio.

E Lucio cosa le risponderebbe?

Lucio amava le persone e aveva il bisogno di comunicare con il mondo. Quindi mi risponderebbe: “Missione Compiuta.”

Rosa Spampanato

Rosa Spampanato anni 38. Amante della scrittura. Articolista per M Social Magazine Articolista per il Quotidiano LaSicila Collaboratrice per il Magazine Cherrypress Collaboratrice per la Testata Giornalistica VanityClass Sezioni di Riferimento Cinema TV Musica