La Forza del Silenzio: Un’analisi di “Il Viaggio della Strega Bambina”

Spesso, il disprezzo precede la minaccia; accuse, vere o false, lanciate come dardi velenosi, sono l’arma preferita di chi si arroga un potere ingiustificato. Tale presunzione, mascherata da una superiorità illusoria, diventa ancor più insidiosa se alimentata da antiche superstizioni che avvelenano le menti più deboli. Chi si differenzia dalla massa diventa bersaglio, vittima di dicerie e maldicenze che lo dipingono in una luce sinistra e ingiusta. In questa rappresentazione distorta, la dignità personale può essere l’unica salvezza. L’arroganza di chi crede di conoscere verità celate agli altri, guardando con beffarda superiorità, è capace di distruggere e ricostruire vite altrui a proprio piacimento, infliggendo una vergogna profonda. Tuttavia, l’essenza interiore – anima, forza d’animo, aspirazioni, sogni – rimane intatta, immune al giudizio altrui. “Il Viaggio della Strega Bambina” di Celia Rees ci immerge in un mondo governato dal potere di antiche credenze, un mondo dove la protagonista, Mary, deve confrontarsi con la persecuzione. Ella non rinnega le sue origini e rifiuta di lasciarsi definire dalla società. La fuga diventa la sua unica via di salvezza, ma la sua determinazione a conservare la propria identità e a tramandare la propria storia la guida. Per proteggere il suo racconto, che racchiude tre secoli di storia familiare, Mary lo cela in una trapunta, custodendolo fino a quando non raggiungerà le mani giuste. Il romanzo è avvincente, la scrittura è vibrante, coinvolgente, trascinante; la prosa, pur nella sua magia quasi irreale, mantiene una genuina sincerità.