“Fenomenologia del silenzio” di Anna Rita Merico | RECENSIONE
Dinanzi alla poesia ti senti inadeguato. Pensi, sbagliando, di non essere all’altezza dei versi che racchiudono tutto un mondo che si manifesta in poche righe. A volte, ti convinci di essere estraneo a quel modo di scrivere. Appartenere alla poesia non è da tutti. Essa non esclude nessuno e finire nelle sue parole significa anche tornare a casa, sentendo quello che si è perso nelle parti più strette della memoria. La poesia dona, accoglie ed induce alla pazienza. Sa aspettare essa stessa. Il risveglio emotivo può anche non arrivare subito, ma se in quelle rime c’è un significato forte, autentico, il lettore se ne ricorderà al momento giusto. Basta un dettaglio e il pensiero va agli scritti, alle poesie lette. La poesia serve. Ognuno troverà la sua causa e saprà sfruttarla al meglio anche nell’aggiustare i pensieri rendendoli delicati e belli. La poesia è uno stato d’animo. Puoi essere ogni cosa e il nulla assoluto. Evanescenza e sostanza, visione e pensieri, ombre e sentieri, tutto porta a qualcosa. La via la tracciano i versi, occorre leggere per sfarinare i messaggi.
Fenomenologia del silenzio di Anna Rita Merico è un libro, sostanzioso, di poesie che si fanno strade, albe e fondali. Ci finisci dentro con la sorpresa negli occhi. Ti avvolgi nell’inchiostro e sogni. Diventi leggero e poi massa, cambi colore e incespichi nei labirinti di ciò che le poesie dicono all’istante. Attimi e linee di bellezza, di forza. Tracce di albe e assunti di memoria.
Bello. Fenomenologia del silenzio è tanta roba. Lo stile è maturo, mai banale o ripetitivo. Nel libro sono contenute poesie che vanno dal 2004 al 2021, ma la bellezza si è posata su ognuna di esse. Chapeau, all’autrice.