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“La bellezza rimasta” di Roberta Zanzonico | RECENSIONE

Il passato serve. Usarlo come consolazione del dolore, però, sarebbe sbagliato. Attaccarsi a ciò che è stato per vivere il presente è un errore che sfianca l’animo. Eppure, il passato è necessario. Da esso si può capire molto, si evitano gli errori, se ci si riesce, si decide anche di invertire la rotta per stare meglio. La vita va avanti, tanto vale metterci una pietra sopra e ripartire. È difficile, ma si può fare. Succede poi che il passato sia l’unica finestra per portare gli occhi dove vogliono andare, quasi fosse l’unico respiro che porta ad altri e ad altri ancora. La degenerazione della mente ripara alcune esistenze attraverso il passato. Una sorta di salvagente che permette di restare a galla, nonostante ci siano stanchezza e tempesta. Allora, ci si arrende su una sedia, davanti ad una finestra e per sentire ancora qualcosa, si scava tra i pensieri. Insomma, ci si sciupa. Il passato è l’unica cosa certa, per questo esiste. È lì, anche quando si è fatto di tutto per cancellarlo. Ma è passato, non pedala. Vivere sulla base dei ricordi significa annullarsi, torturarsi, perdere quello che la vita ci offre. E se ci pare poco o niente, faremo meglio a respirare per bene e guardare dove non abbiamo mai posato gli occhi. Vedremo quello che abbiamo perso e quello che potremmo accogliere.


In La bellezza rimasta di Roberta Zanzonico sfiori cuori sterili che si sono abbandonati ad una solitudine specchiata per evitare la grettezza di una vita fresca. Il passato diventa, così, un rifugio, una consolazione. Ma non è vita. Lo sanno bene tutti coloro che usano la signora Chiara per vivere ciò che non hanno vissuto. La mente, per alcuni, può essere difettosa, ma sa riconoscere le emozioni. E i segreti, quelli, vengono a galla quando pesano come il passato.
Il romanzo è bellissimo. La storia è sorprendente non solo per la narrazione, ma anche per come è stata scritta. Magnificamente. 

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