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“Il romanzo di Milano” di Tito Livraghi | RECENSIONE

La storia di un luogo passa anche da ciò che si è vissuto nelle case. Nei palazzi nobiliari o nelle abitazioni di gente comune alita quella trama costruita da sussurri, da segreti, da mezze verità e qualche inganno. Le storie, messe insieme, formano una narrazione interessante. Per comprenderle bisognerebbe guardare nelle fessure scomode della Storia perché la gloria è fatta di misfatti. Ci sono case in cui abitano molti misteri, in cui si fa sfoggio del potere delle famiglie che hanno avuto un ruolo determinante per lo sviluppo di una città. I palazzi storici assorbono i percorsi tracciati dai discendenti, sembrano non mutare mai anche quando il cambiamento è avvenuto senza troppi scossoni. Le case hanno un’identità, hanno anche il profumo di chi ci vive. Possono mancare di decoro, ma non della storia  che filtra in quella dei luoghi in cui si costruiscono. 

In Il romanzo di Milano di Tito Livraghi entri nel vivo di tante storie che si annidano nelle case di via Borgonuovo a Milano. Un tempo era la contrada di “sciori”, dei signori, e lì le case erano tutte di persone importanti. Casa Landriani, la più antica della via, racconta la sua storia e quella degli altri palazzi alla casa del civico 14, ricostruita dopo essere stata rasa al suolo dai bombardamenti del 1943. Le case hanno memoria e il civico 14 l’ha persa.

Il romanzo è originale. La scrittura è affascinante, la narrazione suggestiva. 

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