“La bastarda di Istanbul” di Elif Shafak | RECENSIONE
Capita di non avere un passato. Succede, sembra assurdo, ma succede. Avere un nome, un’esistenza, ed essere all’oscuro di molte cose, le più importanti, che costruiscono la base della vita di chiunque sembra quasi una beffa. Hai un cuore, respiri. Ti manca però un pezzo della tua storia personale, il passato. Hai anche una personalità, eppure non conosci la tua vera identità. Qualcuno, per proteggerti, te l’ha nascosta. Si è tenuto il segreto, il peso. Una decisione del genere costa, affatica l’animo. Chi prende questa strada paga lo scotto delle incomprensioni. Quando ad un figlio si tace qualcosa di fondamentale lo si lascia sghembo. Dall’altra parte, invece, insorgono: rabbia, delusione, tristezza, per la mancata memoria. Il passato è un punto fermo, c’è. Chi non lo conosce può sentirsi bastardo, menomato nel ricordo. Le storie personali, di famiglia, di popoli, ci mantengono vivi, uniti. Non conoscere il proprio passato blocca la continuità della propria storia, un po’ quello che succede ai figli illegittimi, ai rinnegati, ai bastardi, che ignorano una parte determinante della storia che li riguarda.
In La bastarda di Istanbul di Elif Shafak entri nella vita di due famiglie, una vive in Turchia e l’altra in America. Asya ha diciannove anni, risiede ad Istanbul. È una bastarda, non conosce il padre. Sua madre, invece, si sente una bastarda. È ribelle, non rispetta le regole, è atea e porta con sé un pesante segreto che nessuno della sua famiglia, composta da sole donne, conosce. Quando Armanoush, una giovane americana in cerca delle proprie radici in Turchia, mette piede in casa di Asya si scopre, lentamente, quel mistero che lega il passato delle due famiglie. Entrambe fanno i conti con la storia comune dei loro popoli. Si scoperchiano così contraddizioni e il coraggio di guardarsi dentro senza dover mentire.
Il romanzo è bellissimo. La storia è coinvolgente. Vedi e senti Istanbul come una città che accoglie e che sputa chi cerca di ricacciarsi un posto suo, con le sue regole. La narrazione è brillante, corposa, piena. Ti squaglia per l’intensità del racconto e la scrittura non è da meno. Il lettore si aggrappa ad ogni parola, sa che sono preziose.