“Il gioco delle ombre” di Marta Brioschi | RECENSIONE
Prestigiatori del proprio destino. Smuovere le acque, quelle più torbide, per cambiare la propria vita in meglio è un gioco pericoloso. I rischi sono altissimi. Le probabilità di successo si riducono al lumicino quando si commettono troppi errori. Sentirsi buio nell’ombra, sottovalutando alcune circostanze che potrebbero illuminare faccende complicate, è un affare che richiede coraggio. Se quest’ultimo si sposa con l’avventatezza, allora i problemi raddoppiano. O la va o la spacca. Il gioco vale la candela, per alcuni. I criminali si vestono di innocenza. La malazione, per loro, giustifica, a torto, lo scopo. Quando vuoi tirarti indietro puoi solo andare avanti, tanta è la tragedia causata che per scampare all’evidenza ti fai ombra. Pensi di salvarti, di avere ancora qualche speranza di farcela. Ti fai più crudele, più pericoloso. Ti destreggi tra l’insospettabile faccia da brava persona e la brutale doppia faccia da criminale. Quando le ombre si diradano la luce penetrata tra le fessure e lì si svela la verità.
In Il gioco delle ombre di Marta Brioschi senti lo scricchiolio dei segreti che fanno pressione per uscire dall’oscurità in cui sono stati tacciati. I misteri portano dicerie, pettegolezzi, maldicenze e nuove storie condite da vento e fiato. Il coreano Mae Son-Jun, noto scrittore di gialli, è ospite, insieme alla sua famiglia, in una dimora storica in Inghilterra. Il proprietario, il centenario barone di Windermere, nasconde più di un segreto e qualcuno in casa si fa ombra per commettere diversi omicidi.
Il romanzo ti conquista. La narrazione, scorrevole, ammalia il lettore che non intende perdere neanche una virgola di un racconto che si snoda come un vero giallo. Impeccabile lo stile. Gli indizi lasciati lungo la storia sono talmente azzeccati che ci torni sù per una doppia sorprendente lettura. Ti meravigli di avere tra le mani un insolito ottimo giallo.
