LIBRIUNO SGUARDO SU...

“Ho ancora gli occhi da cerbiatto” di Salvatore Claudio D’Ambrosio | RECENSIONE

Ci sono fatti, parole, che bruciano. Li ricorderai finché campi. Saranno quadri nella mente, un fermo immagine di ogni istante di quei singoli momenti. Diventeranno la memoria, il peso, il dolore e la forza che accende lo slancio ad un cambiamento. Ti senti ferito, umiliato. Porti dentro i ricordi finché non ti dai delle risposte e queste ti assolvono anche per colpe che non hai mai avuto. Per riuscirci cadrai in errore, fallirai, ma tutto serve per mettere l’animo in pace. L’anima morde i pensieri, è necessario ordinarli con chiarezza altrimenti si accumulano, aggrovigliandosi, creando ansie e stress. Si vive male quando le cose sono confuse, soprattutto quando si sono taciute troppe questioni, anche le più ovvie. E quelle che sembrerebbero scontate sono le più difficili come il rapporto genitori-figli. Niente è facile, nella vita, rapporti di sangue compresi. Se poi sei un figlio adottivo, pur voluto con amore, avrai addosso un senso di disagio quando, le brutte persone, ti punteranno il dito per un motivo o per un altro. Quello che più agita è il non detto. Spesso non si dicono le cose per vergogna o perché sembrano scontate. Mettersi scorno dinanzi ad un padre non è eresia, succede. E quando il capofamiglia parla con lo sguardo, ammonisce e zittisce con occhi torvi, tacere viene normale. Si pensa che sia l’unica cosa da fare e quando si vorrebbe dire ciò che viene dal cuore, ma per vergogna si sorvola. Ci sarà tempo, ci si giustifica. Oppure, non serve a nulla tanto le cose si capiscono solo guardandosi perché sei figlio e padre. Ti resta il rimorso e vivi in attesa del respiro, di quello libero, non affaticato. 

In Ho ancora gli occhi da cerbiatto di Salvatore Claudio D’Ambrosio finisci nella storia vera dell’autore. Una vita difficile la sua, basata sul rapporto complicato con i genitori e su come abbia vissuto sulla propria pelle atteggiamenti razzisti da parte di ragazzi diseducati alla cultura multietnica. Sono i momenti più cupi e difficili che permettono di capire, poi, cosa si voglia dalla vita. La speranza, invece, rappresenta il faro a cui puntare l’anima. 

Il libro è toccante. La narrazione procede spedita, senza filtri. Il racconto è evocativo e veloce. L’autore si sofferma solo sui ricordi, soprattutto su quelli che gli hanno fatto male. La scrittura è diretta, precisa, puntigliosa.

Lucia Accoto

Lucia Accoto. Critico letterario per Mille e un libro Scrittori in Tv di e con Gigi Marzullo Rai Cultura. Giornalista, recensore professionista.