“I miei complimenti” di Salvatore D’Amuri | RECENSIONE
La vita si stratifica. Nella propria entra anche quella degli altri. Aumenta di peso o perde di spessore sulla base di ciò che diamo e riceviamo, mai in egual misura. Fare del bene, come esserne incapaci, rompe gli schemi dell’ordinarietà. I rapporti interpersonali risentono della quota social che mette a tacere le parole per un isolamento di comfort zone nel quale ci si chiude per respirare aria nuova. Le stranezze dei tempi moderni. L’esistenza si può consumare come una candela lasciata accesa, ma la fiammella arde anche per quell’intreccio di respiri che animano la nostra vita, che si combinano, a volte, casualmente per aggiungere qualcosa alla narrazione personale. Le storie si sovrappongono, si avvicinano alla fiamma di ognuno, rinvigoriscono la propria oppure la spengono per un ingarbugliato bisogno di aiuto. La vita può essere beffarda, senza motivo. Esistono prudenza e fatica nel miscuglio delle esistenze che trovano un varco in quelle già instradate su un equilibrio costruito ad arte. Poi, arriva il momento della migrazione di tutte quelle vite accolte anche superficialmente verso altre anime. Succede e può succedere. Nidificare sentimenti, partorire speranze, recitare ruoli scomodi, trattenere a sé l’incantesimo della vita, sono riflessi dei battiti che ognuno sente sulla base di ciò che gli arriva e che desidera. In ogni caso, la stratificazione di storie si mostra anche come un richiamo al passato che stordisce e mette a disagio quando ha una forza tenuta sottochiave per non contagiare le emozioni che splendono di bellezza.
in I miei complimenti di Salvatore D’Amuri sei più vite in cerca di un proprio spazio nell’esistenza di chi mostra di avere le giuste carte per abbracciare animi tormentati da qualcosa che ha bisogno di soccorso per comprendere appieno di cosa si tratti. Cristiano, ingegnere prima e psicologo poi, ascolta e consiglia quanti si rivolgono a lui per sentirsi meglio anche dagli imbrogli della vita. Il dottore è un uomo strutturato, ha le spalle larghe per quello che ha passato, ma si scioglie per la sua Camilla, una donna forte e fragile che lo tradisce. Per lei, disintegra la stratificazione delle storie che segue per salvarla da un dolore taciuto.
Il romanzo è un treno in corsa. La narrazione cammina veloce tanto da privarla del fascino dell’ambientazione. Non ci sono descrizioni, ma tutto è ritmato dalla sequenzialità di un racconto chiaro, preciso, che non si sofferma sulla sovrapposizione del detto e non detto. Lo stile è pulito, inquadrato più sull’esposizione dei fatti che sull’emotività che ne può scaturire.