Il 2024 inizia con un’ambiziosa produzione Rai: una miniserie tratta dal romanzo “La Storia” di Elsa Morante. Con un budget record di quasi 20 milioni di euro, questa adattamento, atteso da anni, supera le aspettative, conquistando un ampio pubblico e suscitando un vivace dibattito online. Il successo di pubblico è indiscutibile: oltre 4,5 milioni di spettatori, confermando l’apprezzamento generale per un’opera di grande impatto, storicamente oggetto di interpretazioni contrastanti, fra chi ne celebra i personaggi e chi ne critica la rassegnazione. La regista Francesca Archibugi, nota per precedenti lavori di successo, mantiene fedelmente lo spirito del romanzo di Morante, presentando una narrazione asciutta, priva di sentimentalismi eccessivi, con una prospettiva esterna a tratti spiazzante. Jasmine Trinca interpreta magistralmente Ida, una giovane vedova, la cui vita privata si intreccia con gli eventi drammatici della storia italiana. La regia si concentra sui fatti, senza scavare eccessivamente nella psicologia dei personaggi, offrendo allo spettatore una prospettiva quasi “da osservatore” sulla Roma fascista, fino allo scoppio della Resistenza. Nino (Francesco Zenga), figura centrale, incarna dapprima l’entusiasmo per il regime, per poi essere profondamente deluso dal conflitto mondiale, alla ricerca di una speranza che rimane sempre in parte irraggiungibile. Useppe, figlio illegittimo di Ida e Gunther, risulta invece un personaggio particolarmente empatico, al centro dell’affetto di Nino, del partigiano Eppetondo (Elio Germano) e della stessa Ida, che sacrifica tutto per la sua sopravvivenza. Questo bambino, nato dalla violenza, diventa un simbolo di amore incondizionato, in contrasto con la complessità psicologica di altri personaggi, non pienamente esplorata dalla Morante. Ida stessa è tormentata da un segreto legato alle sue origini ebree, vivendo nel costante timore di una società ostile. Solo Remo (Valerio Mastrandrea), oste con un animo buono e altruista, riesce a infondere un po’ di serenità nella sua vita. Il suo locale è rifugio dai bombardamenti, ma anche luogo di condivisione delle paure collettive. Qui appare Gunther, figura ambigua, vittima di un sistema opprimente, travolto dalla violenza e dall’alcolismo, per poi morire sotto i colpi della guerra. Gunther rappresenta un’altra delle vittime di quel conflitto che ha distrutto ideali di pace, lasciando dietro di sé soltanto orrore e sofferenza. Una storia che, nonostante la nostra attenzione, forse non potremo mai comprendere appieno, non avendola vissuta in prima persona.
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